Fisco e contabilità

Pnrr, speso solo il 6% dei fondi: in ritardo metà delle misure

Flussi finanziari al netto dei crediti d’imposta. Realizzazione allo 0,5% per la salute, all’1,2% per l’inclusione e al 4,1% nella scuola

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

Una rincorsa affannosa in cui non si può più sbagliare un passo. Perché i ritardi accumulati sono tali da mettere un’ipoteca seria sulla realizzazione effettiva degli investimenti senza un colpo di reni drastico.

È questa l’immagine del Pnrr, visto dal lato cruciale della spesa effettiva, disegnata dalla Corte dei conti nelle 386 pagine della relazione semestrale al Parlamento che sarà presentata martedì prossimo, e che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare.

I numeri come sempre parlano il linguaggio più chiaro, e sono efficaci nello spiegare l’allarme fatto risuonare dal ministro per il Pnrr Raffaele Fitto per motivare l’esigenza di rivedere il programma iniziale. In base ai dati emersi dal sistema ReGis, il cervellone telematico della Ragioneria generale che censisce in tempo reale tutte le articolazioni del Piano, i magistrati contabili calcolano in 20,441 miliardi la spesa effettiva realizzata a fine 2022. Con un aggiornamento ulteriore al 13 marzo scorso, il contatore sale a 23 miliardi, legati a 107 (105 investimenti e 2 riforme) delle 285 misure elencate dal Pnrr. Il tasso di realizzazione si attesterebbe quindi al 12% delle risorse complessive messe a disposizione da qui al 2026.

Il dato, rimasto fin qui avvolto nel buio delle indiscrezioni prive di riscontri ufficiali, è basso, perché indica poco meno che un dimezzamento rispetto ai piani iniziali di spesa. Ma il quadro effettivo dell’attuazione degli investimenti è anche più cupo.

Perché il valore della spesa complessiva è largamente influenzato dagli incentivi “automatici” già previsti dai programmi italiani, e poi traslocati parzialmente nel Pnrr. A spingere sono stati soprattutto i crediti d’imposta di Transizione 4.0, che hanno assorbito 2,3 miliardi più del previsto, e quelli relativi ai bonus edilizi, il cui dato è solo stimato ma visto il boom del Superbonus secondo la Corte porta almeno 3,5 miliardi aggiuntivi nella quota finanziata dal Pnrr. Questi, però, sono appunto meccanismi «automatici», che si attivano su richiesta degli investitori privati e quindi non indicano la capacità effettiva di realizzare la spesa pubblica per i nuovi investimenti del Piano («livello di attuazione finanziaria» nelle parole della relazione).

Per misurarla, i magistrati depurano il dato dagli incentivi all’industria e all’edilizia. E i numeri si fanno ultraleggeri (si veda il grafico in pagina). In questa prospettiva, i miliardi spesi sono a 10,024 su 168,381, fermandosi quindi al 6% del totale. Nella Missione 6, dedicata alla Salute, la spesa è praticamente assente (79 milioni su 15.626, quindi lo 0,5%), nella Missione 5 si Inclusione e coesione si arriva a 239 milioni (l’1,2% dei 19,851 miliardi di budget) mentre su Istruzione e ricerca (Missione 4) si arranca fino al 4,1% (1,273 miliardi spesi su 30,876). In controtendenza solo la Missione 3, quella delle «Infrastrutture per la mobilità sostenibile», che scatta al 16,4% grazie agli appalti delle ferrovie.

Tolta questa eccezione, il panorama non si presta a particolari distinzioni. Il ritardo appare endemico e infatti la Corte sottolinea nella relazione che «oltre la metà delle misure interessate dai flussi mostra ritardi o è ancora in una fase sostanzialmente iniziale dei progetti». Nel capitolo dei cosiddetti interventi «in essere», cioè quelli già decisi a livello nazionale prima del Pnrr e poi transitati in tutto o in parte sotto il cappello dei finanziamenti europei, viaggia «particolarmente a rilento l'avanzamento dei pagamenti nelle missioni legate alle politiche agricole, all’istruzione scolastica e agli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei Comuni».

Per rimediare, il programma prevede ora un’impennata della spesa. Che dovrebbe passare dai 20,44 miliardi dei primi tre anni (Ngeu copre anche uscite del 2020) ai 40,908 di quest’anno su su fino ai 46-48 miliardi annui del 2024-25. Un’accelerazione a cui non sembra credere nemmeno il governo, che infatti continua a Bruxelles il negoziato incessante sul ripensamento del Piano.

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