Appalti

Offerte anomale da verificare (ma con più flessibilità) anche nelle concessioni di servizi

Consiglio di Stato: la Pa ha più potere discrezionale in considerazione del rilievo centrale che l'elemento rischio in capo al concessionario

di Roberto Mangani

Anche nelle concessioni di servizi l'offerta dei concorrenti è soggetta a verifica di anomalia al fine di accertarne l'attendibilità e la sostenibilità economico-finanziaria. Tuttavia, rispetto al procedimento di verifica delle offerte anomale applicabile agli appalti, nelle concessioni la verifica è ispirata a un maggior grado di flessibilità, che a sua volta comporta una più elevata discrezionalità nelle valutazioni dell'ente committente, in considerazione del rilievo centrale che nell'istituto concessorio assume l'elemento rischio in capo al concessionario.

Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, 24 maggio 2022, n. 4108, che pur riguardando una fattispecie concessoria per molti versi atipica e di modesto valore economico, vanno analizzati anche alla luce della loro applicazione a tutte le tipologie di concessione, non solo di servizi ma anche di lavori, finalizzate alla realizzazione di grandi interventi infrastrutturali.

Il fatto
Un'azienda pubblica di servizi aveva indetto una procedura negoziata per l'affidamento del servizio di somministrazione di bevande e alimenti preconfezionati tramite distributori automatici presso le proprie strutture. A seguito dello svolgimento della procedura veniva disposta la conseguente aggiudicazione. Uno dei concorrenti – peraltro precedente concessionario del servizio – impugnava il relativo provvedimento davanti al giudice amministrativo. A fondamento del ricorso veniva denunciata l'insostenibilità dell'offerta dell'aggiudicatario e la conseguente illegittimità dell'intera procedura e dell'aggiudicazione.

Il Tar della Provincia di Trento dichiarava il ricorso inammissibile. Ciò in quanto i motivi di censura dedotti dal ricorrente venivano a investire la valutazione discrezionale dell'ente committente in merito alla sostenibilità dell'offerta, che doveva ritenersi intangibile e non soggetta a sindacato del giudice amministrativo se non per errore manifesto, palese irragionevolezza o travisamento dei fatti (non sussistenti nel caso di specie).Contro questa decisione il ricorrente originario proponeva appello al Consiglio di Stato.

L'appellante riproponeva le censure già mosse in primo grado e disattese dal Tar volte a rilevare l'inattendibilità dell'offerta dell'aggiudicatario, da considerarsi anomala.In particolare l'appellante ribadiva come la disciplina in materia di offerte anomale doveva considerarsi applicabile non solo agli appalti ma anche alle concessioni. Peraltro l'ente committente aveva formulato il giudizio di attendibilità dell'offerta dell'aggiudicatario in termini dubbiosi e senza particolare motivazione, avendo precisato che in mancanza di elementi di valutazione certi si riteneva, fino a prova contraria, sostenibile l'offerta.Una attenta e doverosa applicazione della disciplina in tema di offerte anomale avrebbe dovuto portare l'ente committente a escludere l'offerta poi risultata aggiudicataria.

Quest'ultima presentava infatti una pluralità di elementi di anomalia: una rilevante sovrastima del fatturato, tale da comportare un irragionevole incremento dei ricavi, di molto superiori a quelli storici derivanti dalla precedente gestione; la non considerazione di prezzi fissi imposti su una serie di prodotti che non consentivano al concessionario alcun margine di manovra; una considerevole sottostima degli investimenti e del costo medio dei prodotti.La mancata puntuale valutazione di questi elementi di anomalia avrebbe reso il giudizio di attendibilità formulato dall'ente committente viziato da macroscopica irragionevolezza, cosicchè il legittimo esercizio della discrezionalità tecnica si sarebbe trasformato in arbitrio.

La verifica delle offerte anomale nell'ambito delle concessioni
Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, ritenendo non fondate le argomentazioni proposte dal ricorrente. In via preliminare, il giudice di secondo grado ha operato un corretto inquadramento della concessione in esame. Si tratta di un'attività definita di "vending", che sotto il profilo dell'inquadramento contrattuale si articola in una fattispecie concessoria mista o atipica, in cui vi è una concessione di uso di spazio pubblico a cui si aggiunge una vera e propria concessione di servizi, consistente nell'istallazione e nella gestione di distributori automatici di alimenti e bevande.

Questa tipologia di concessione è assimilabile alla concessione di servizi, di cui riproduce gli elementi caratteristici. In particolare, questa concessione è connotata dall'assunzione del rischio operativo da parte del concessionario e dalla mancanza – se non in via residuale e con limiti predefiniti – di un corrispettivo erogato dall'ente committente a favore del concessionario. La questione che la controversia in esame pone è se a questa tipologia di concessione, e in particolare alle offerte che vengono presentate nell'ambito della relativa procedura di affidamento, sia applicabile il regime giuridico della verifica di anomalia che il D.lgs. 50/2016 prevede per gli appalti. Tale questione è già stata affrontata in passato dalla giurisprudenza. In un primo momento, specie nella vigenza del precedente assetto normativo (D.lgs. 163/2006), l'orientamento prevalente era nel senso di escludere la diretta applicabilità della disciplina sulla verifica di anomalia alle offerte presentate ai fini dell'affidamento di concessioni.

La giurisprudenza più recente si è invece orientata nel senso di ritenere che la verifica di anomalia possa trovare applicazione anche nell'ambito delle concessioni, sia pure con alcune peculiarietà che la relativa valutazione assume in relazione alle caratteristiche tipiche dell'istituto concessorio. In particolare, le pronunce che hanno affermato questo indirizzo hanno evidenziato le sostanziali differenze di contenuto esistenti tra il giudizio di anomalia negli appalti e quello nelle concessioni. Tali differenze derivano dal fatto che nella concessione oggetto di verifica è l'attendibilità delle previsioni economico – finanziarie che comunque prevedono l'attribuzione – totale e prevalente – del rischio operativo in capo all'offerente/concessionario. Ne consegue che tale verifica mira ad accertare l'attendibilità di una ragionevole previsione economica, che lascia comunque un margine di aleatorietà e conseguentemente una significativa opinabilità tecnico discrezionale, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di evidenti errori di fatto o macroscopica irragionevolezza. Aderendo a questo indirizzo interpretativo il Consiglio di Stato ha ritenuto la disciplina dell'anomalia dell'offerta che il Dlgs 50 detta specificamente per gli appalti applicabile anche alle concessioni, in quanto espressione di un principio generale volto a garantire l'affidabilità delle prestazioni oggetto del contratto (e quindi dell'offerta), a tutela della concorrenza e dell'efficienza e buon andamento dell'azione amministrativa.

Ovviamente la procedura di verifica dell'anomalia non può non tenere conto dei tratti peculiari della concessione. Tenuto conto degli elementi di oggettiva incertezza che caratterizzano i termini economici della concessione – primo fra tutti l'alea che accompagna l'elemento ricavi – la verifica in merito all'attendibilità dell'offerta assume connotazioni ampiamente discrezionali e flessibili, in quanto condizionate da rilevanti fattori previsionali.

Applicando questi principi al caso di specie, le censure proposte dall'appellante non sono tali da dimostrare che nella valutazione di anomalia dell'offerta dell'aggiudicatario operata dall'ente concedente siano presenti profili di macroscopica irragionevolezza, inattendibilità o palese erroneità nella ricostruzione di fatto. L'aggiudicatario ha infatti fornito adeguati giustificativi in merito a tutti i profili di presunta anomalia dell'offerta indicati dall'appellante, dimostrando nello specifico che l'appartenenza a un grande gruppo imprenditoriale gli consentiva di conseguire risparmi ed economie di scala e di ottimizzare l'organizzazione, sfruttando la capillarità delle rete sul territorio con conseguente risparmi nei costi di personale e di trasporto.

Quanto alla voce ricavi, la stessa ha un valore meramente previsionale, e il riferimento ai ricavi storici rappresenta un semplice parametro di riferimento, che non può essere assunto a elemento vincolante. Anche alla luce di queste giustificazioni, la conclusione è che il giudizio di attendibilità dell'offerta formulato dall'ente concedente non può considerarsi manifestamente irragionevole, tenuto anche conto che i profili di anomalia denunciati dall'appellante non possono ritenersi adeguatamente dimostrati, essendo piuttosto espressione di una personale valutazione dello stesso.

Concessioni, rischio del concessionario, piano economico finanziario
I principi affermati dal Consiglio di Stato appaiono condivisibili e suscettibili di estensione a tutte le tipologie di concessione.Per capire come il giudizio di anomalia dell'offerta vada interpretato in relazione alle concessioni occorre tenere nella giusta considerazione l'elemento centrale che caratterizza l'istituto concessorio: l'assunzione del rischio – totale o maggioritario – in capo al concessionario.Tale elemento influisce in maniera significativa sulla valutazione delle offerte formulate in sede di gara, che scontano necessariamente un'alea previsionale significativamente maggiore rispetto a quella esistente negli appalti. Ne consegue che anche la verifica sull'eventuale anomalia dell'offerta deve tenere conto che eventuali errori valutativi operati dall'offerente comportano un incremento del rischio in capo al concessionario, che tuttavia non necessariamente si traducono in un giudizio di inaffidabilità dell'offerta stessa.

Il punto cruciale sta quindi nello stabilire quando l'eventuale incremento di rischio è gestibile nell'ambito del rapporto concessorio e quando invece supera questi limiti, incidendo in termini negativi sull'attendibilità dell'offerta. Per condurre adeguatamente questa analisi riveste un ruolo fondamentale il piano economico finanziario (Pef) allegato all'offerta. Dall'esame dello stesso l'ente concedente dovrà verificare se le relative previsioni in merito ai costi e ai ricavi comportino margini di incremento del rischio in capo al concessionario accettabili, ovvero se le stesse rendano l'offerta radicalmente inattendibile, imponendo un giudizio negativo sulla relativa affidabilità. Il tutto tenendo presente che una valutazione di questo tipo, per sua stessa natura, si caratterizza per significativi margini di discrezionalità in capo all'ente committente e, correlativamente, per un ambito più limitato di intervento del giudice amministrativo.

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