Personale

Niente rimborso delle spese legali al dipendente che non ha perseguito l'interesse pubblico

Il nesso tra fatti contestati ed espletamento del servizio va valutato sulla base del cosiddetto rapporto di immedesimazione organica

di Pietro Alessio Palumbo

Nel pubblico impiego la tutela legale dei dipendenti postula una serie imprescindibile di condizioni. Ossia che: il soggetto abbia la qualifica di dipendente pubblico; il giudizio sia promosso nei confronti del - e non dal - dipendente pubblico; ci sia una connessione dei fatti contestati con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali; una sentenza o un provvedimento ne abbia escluso la responsabilità; le spese siano state ritenute congrue dall'Avvocatura dello Stato. Il Tar Lazio-Roma (sentenza n. 8269/2022) ha evidenziato che il diritto al rimborso, da parte dell'amministrazione di appartenenza, delle spese legali sostenute dal dipendente per la propria difesa in giudizio presuppone che non vi sia alcun conflitto d'interessi con il datore di lavoro; essendo necessario che la condotta addebitata non sia in alcun modo frutto di iniziative autonome, contrarie ai doveri funzionali o persino in contrasto con la volontà dell'ente pubblico. E ciò secondo una valutazione che prescinde dallo stesso esito del giudizio: la connessione tra i fatti contestati e l'espletamento del servizio o l'assolvimento di obblighi istituzionali va valutata sulla base del cosiddetto rapporto di immedesimazione organica, per il quale il dipendente agisce in nome e per conto dell'Amministrazione di appartenenza; e soprattutto per il perseguimento di fini propri della medesima amministrazione. Connessione interrotta quando la condotta dell'impiegato, pur posta in essere durante il servizio, non sia a ben vedere finalizzata al perseguimento dell'interesse pubblico.

Le amministrazioni interessate possono anche concedere anticipazioni del rimborso delle spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti dei propri dipendenti. È salva la restituzione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità dell'impiegato. La logica della disciplina è quella di tenere indenne il dipendente pubblico dai danni subiti a causa dell'espletamento dei propri compiti; richiamandosi a tal fine una certa analogia con le norme dettate dal codice civile per regolare il rapporto di mandato, e quindi con l'unico limite che non sussista alcun conflitto di interessi tra le posizioni delle parti. Ai fini del rimborso delle spese legali sostenute da un pubblico dipendente, affinché sia ravvisabile una connessione tra la condotta tenuta e l'attività di servizio dell'impiegato, è necessario che la suddetta attività sia tale da poter imputare gli effetti dell'agire direttamente all'amministrazione di appartenenza. Neppure è sufficiente che l'evento sia avvenuto nel mentre ovvero in occasione della prestazione lavorativa. Discende che il diritto al rimborso può considerarsi legittimo esclusivamente quando risulti possibile imputare gli effetti dell'agire del lavoratore, nettamente alla sua Amministrazione datrice di lavoro, secondo il criterio del rapporto (nel caso ininterrotto) di immedesimazione organica.

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