Urbanistica

Bonus, i controlli sull'incoerenza reddituale frenano ancora la cessione dei crediti

Alcuni indici di rischio elencati nella circolare 23/E sono troppo indefiniti: molte banche stanno chiedendo maggiori dettagli per evitare contestazioni

di Giuseppe Latour

L'incoerenza reddituale e patrimoniale frena ancora le cessioni. Digerita la modifica in arrivo con la legge di conversione del decreto semplificazioni fiscali (Dl 73/2022), in materia di retroattività delle nuove regole sulle “ricessioni” (da banche a partite Iva), sta già emergendo con forza un altro fattore destinato a limitare in modo brusco la ripartenza del mercato dei crediti fiscali.

È contenuto nella circolare 23/E, nel famigerato capitolo (il 5.3) che ha disciplinato le ipotesi di responsabilità solidale tra cedente e cessionario, creando moltissimi interrogativi agli operatori, istituti di credito e relativi consulenti in testa.

Per misurare questa responsabilità solidale – va ricordato –, bisogna considerare se il cessionario ha fatto ricorso alla diligenza che gli veniva richiesta e se, esercitando questa diligenza, parametrata alla professionalità del cessionario, sarebbe stato possibile evitare l’immissione sul mercato «di liquidità destinata all’arricchimento dei promotori dell’illecito».

Ci sono alcuni indici, elencati dalle Entrate nella circolare, che consentono di valutare la diligenza dei controlli. Sono, di fatto, dei campanelli d’allarme legati ai profili di rischio delle operazioni, che dovrebbero accendersi quando c’è la possibilità che un credito sia falso. Alcuni di questi sono chiari. Ad esempio, l’assenza «di documentazione o palese contraddittorietà rispetto al riscontro documentale prodotto». Quindi, se l’acquirente raccoglie i documenti relativi alla detrazione ed effettua i controlli indicati dalle Entrate deve essere considerato perfettamente diligente.

Il problema, però, è che alcuni di questi indici non hanno lo stesso livello di chiarezza. E molte banche, in queste settimane, stanno provando a capire come interpretarli in maniera corretta, per evitare contestazioni.

A sollevare più difficoltà è «l’incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l’oggetto dei lavori asseritamente eseguiti e il profilo dei committenti beneficiari delle agevolazioni in esame». L’idea che c’è dietro, in teoria, è chiara: è sospetto che un nullatenente metta in piedi un’operazione di ristrutturazione dai costi altissimi.

Fuori dai casi più estremi, però, ci sono migliaia di situazioni intermedie nelle quali formalmente c’è questa incoerenza ma che sono, invece, perfettamente legittime. Anzi, sono addirittura le operazioni per le quali è nato il 110% in accoppiata a cessione e sconto in fattura: succede, ad esempio, per gli incapienti che danno l’assenso a lavori di ristrutturazione in condominio.

In una situazione del genere, con la formulazione attuale della circolare 23/E, le banche che acquistano i crediti potrebbero vedersi contestare la scarsa diligenza nei controlli e, quindi, anche l’utilizzo in compensazione.

Da tutto questo, allora, nasce la richiesta di dettagliare questi criteri. Molti soggetti si stanno muovendo in questi giorni per chiedere all’agenzia delle Entrate di tornare su questi indici, per precisarne meglio i contenuti. Spiegando, cioè, esattamente quando i controlli possono essere considerati diligenti.

«L’incoerenza reddituale – spiega Antonio Piciocchi, senior partner Deloitte – non significa che essere meno abbiente sia indice di frode: probabilmente l’Agenzia ha preso spunto dalla comunicazione Uif dell’11 aprile 2022 in tema di controlli antiriciclaggio, che trattava di casi di particolare gravità. È evidente che quanto emerso dalle cronache (soggetti domiciliati presso centri di accoglienza che non parlavano la lingua italiana e che si presentavano per cedere crediti di ingente importo anche più volte) può ben rappresentare casi di concorso nella violazione».

Diverso invece «è lasciare un’indeterminatezza, che non contribuisce a creare le condizioni per sbloccare i cinque miliardi di euro di crediti che giacciono nei cassetti delle imprese edilizie e che potrebbe aprire le porte a infondate contestazioni a pioggia di concorso colposo, ad esempio solo per aver acquistato crediti da soggetti meno abbienti».

Quello dell’incoerenza reddituale, comunque, non è l’unico parametro della circolare 23/E sul quale il mercato chiede precisazioni. Interrogativi ci sono anche sull’indice della «mancata effettuazione dei lavori». Su questo è evidente che il cessionario non può sostituirsi al tecnico asseveratore, andando a controllare la realizzazione effettiva di tutti gli interventi. E va analizzato meglio anche il tema della sproporzione «tra l’ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell’unità immobiliare», considerando che le norme prevedono la possibilità di ristrutturare anche ruderi con i bonus edilizi.

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