Fisco e contabilità

Consulta, anche per i fabbricati soppressi è possibile l'annotazione di ruralità

Confermata la legittimità costituzionale delle norme relative all'inserimento con effetto retroattivo quinquennale

di Pasquale Mirto

La Corte costituzionale, con la sentenza 2 febbraio 2023 n. 12, conferma la legittimità costituzionale delle norme relative all'inserimento dell'annotazione di ruralità, con effetto retroattivo quinquennale.

La questione nasce da una sentenza di Corte di cassazione con la quale si è rinviata la causa alla ex Ctr dell'Emilia Romagna, al fine di verificare la sussistenza dell'annotazione catastale attestante i requisiti di ruralità. Nel caso specifico, l'annotazione non era presente, perché i fabbricati in questione, per l'anno oggetto di accertamento, non risultavano accatastati in categoria rurale (D/10), e successivamente erano stati oggetto di frazionamento e soppressione, con contestuale costituzione di un nuovo fabbricato di categoria rurale. Siccome nel 2012 il fabbricato era già rurale, la ex Agenzia del territorio non ha inserito negli atti catastali la dichiarazione in base al Dl 70/2011, pur presentata, che avrebbe potuto far retroagire la ruralità al quinquennio precedente, che includeva anche le annualità d'imposta accertate dal Comune emiliano. Secondo il Giudice rimettente, quindi, la soppressione, conseguente a frazionamento, delle particelle catastali relative ad immobili per i quali è richiesto il riconoscimento della ruralità e la loro confluenza in nuovi subalterni ha reso impossibile l'annotazione secondo l'articolo 13 del Dl 201/2011.

Di diverso avviso la Corte costituzionale, la quale ricorda che tra il giudizio relativo alle operazioni catastali e quello concernente la pretesa impositiva intercorre un vincolo di pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico, in forza del quale il secondo processo deve essere sospeso in base all'articolo 295 del codice di procedura civile, fino alla definizione del primo con autorità di giudicato. E ciò anche considerando il consolidato principio di diritto enunciato dalle sezioni unite della Cassazione (n. 18565/2009), secondo cui l'accertamento dei requisiti della ruralità in difformità all'attribuita categoria catastale non può essere compiuto incidentalmente dal giudice tributario che sia stato investito dell'impugnazione dell'avviso di accertamento relativo all'Ici o della domanda di rimborso di tale tributo.

La Corte costituzionale precisa che le questioni afferenti all'annotazione di ruralità rientrano nella competenza del giudice tributario, posto che il diniego tacito di annotazione è un atto relativo alle «operazioni catastali», e come tale atto autonomamente impugnabile. Nel caso specifico, nessuna impugnazione era stata promossa dal contribuente, il quale aveva ritenuto, come il Giudice rimettente, che la soppressione dei fabbricati, pur di fatto rurali, ma diversamente accatastati, anche se confluiti in un "nuovo" fabbricato rurale, aveva legittimamente impedito all'Agenzia delle entrate di inserire l'annotazione.

Al contrario, la Corte dà atto che la «registrazione retrospettiva» rientra nella funzioni di aggiornamento del catasto, come peraltro espressamente indicato nelle istruzioni elaborate dall'Agenzia del territorio (prot. nn. 24818/012 e 13845/2023), nelle quali si precisava che «per gli identificativi associati alle unità immobiliari soppresse, l'annotazione della destinazione rurale ai sensi della disciplina in scrutinio deve essere inserita manualmente "menzionando lo stadio superato". L'informazione viene, quindi, associata all'unità immobiliare derivata, con la precisazione che il requisito deve essere riferito all'unità originaria da cui questa proviene, al fine di offrire un'adeguata rappresentazione della vicenda».

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