Il Commento Appalti

Negli appalti pubblici committenza chiamata al risultato

Spazio a una committenza dinamica, con attenzione alla negoziazione e a regole meno rigide

di Dario Simeoli*

Le esigenze regolative della contrattazione pubblica sono essenzialmente due: mitigare i rischi di abuso degli "agenti" pubblici; emulare le dinamiche concorrenziali, facendo leva sull'antagonismo e sulla propensione dei privati all'efficienza, di modo che le proposte economiche siano orientate a prezzi equi e convenienti.Negli ultimi anni abbiamo assistito a uno stravolgimento delle predette finalità.La prevenzione si è tradotta in un assetto normativo pletorico e minuto, ispessito da una coltre di fonti secondarie, distante dalla negoziazione competitiva e orientato all'abbattimento della discrezionalità (in Italia, il ricorso a procedure flessibili per i contratti "sopra soglia" è irrisorio). La tutela della concorrenza è stata ispirata a una visione «iperformalistica» che, invece di promuovere una competizione sul merito, ha finito per sanzionare anche inadempimenti burocratici del tutto inidonei ad alterare le chance competitive dei concorrenti. La stessa giurisprudenza ha assecondato un contenzioso prettamente volto a "squalificare" i rivali. Il legislatore, negli anni della crisi economica e pandemica, si è rifugiato nel diritto derogatorio delle amministrazioni «parallele», varando misure comportanti l'elisione del procedimento e del giusto processo. Il quadro normativo di settore ha finito per perdere così anche la sua organicità.

Nel contesto di una rinnovata stagione di interventismo pubblico, in cui la domanda pubblica viene concepita come strumento idoneo a stimolare l'innovazione del sistema produttivo, lo schema di Codice dei contratti elaborato dal Consiglio di Stato, trasmesso al Governo il 7 dicembre 2022, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, contiene positive novità.Un significativo ribaltamento del paradigma regolativo consiste nell'avere finalmente delineato la fisionomia dell'interesse pubblico prioritario: il "risultato" diviene il criterio ordinante di tutti gli altri eterogenei profili funzionali con cui si è sovraccaricata la materia dei contratti pubblici (concorrenza, legalità, trasparenza, ambiente, tutele sociali). In funzione del "risultato", si vuole stimolare l'esercizio di una committenza dinamica, basata sull'attitudine manageriale alla negoziazione (e non sull'applicazione meccanica di norme). Le procedure rigide cedono il passo alla flessibilità (del dialogo competitivo e della procedura competitiva con negoziazione) quando occorre realizzare operazioni complesse. Soprattutto, sul versante dei contratti di partenariato pubblico privato - contraddistinti da lunga durata, incertezza e investimenti specifici talora irrecuperabili - gli obiettivi di semplificazione sono stati perseguiti con particolare determinazione. Correttamente la finalità di controllo viene dosata con l'esigenza di adattabilità dei meccanismi di scelta del contraente, in quanto procedure inefficienti svalutano l'interesse pubblico tanto quanto gli atti di favoritismo.Il nuovo impianto normativo si occupa però ancora troppo poco del contratto e dei connessi problemi di incompletezza. È sicuramente un errore, in quanto le criticità esecutive, derivanti dalle lacune della disciplina pattizia, vanificano i benefici della competizione per il mercato, con inevitabile incremento del costo delle prestazioni. La valorizzazione della "buona" discrezionalità rischia di restare lettera morta. Senza un'attenta rimodulazione del sistema dei controlli, continueranno a proliferare condotte difensive e correlate perdite di efficienza del sistema.

La definizione del concetto di colpa grave, rilevante ai fini della responsabilità amministrativo-contabile, che pure costituisce il massimo sforzo possibile (non vi erano criteri di delega), appare insufficiente. Per superare la riluttanza degli amministratori a intraprendere progetti rischiosi, le fattispecie di illecito andrebbero meglio tipizzate, disancorate da una visione "attizia" e incentrate invece sulla verifica gestionale, lasciando spazio al criterio dell'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali (sul modello della business judgment rule in campo societario). Lo schema di Codice persevera nella sovrapposizione giuridica tra disciplina delle aste e misure di prevenzione della corruzione, impostazione che ha spesso ispirato una concezione "radicale" della trasparenza soverchiante l'interesse al conseguimento del risultato pubblico perseguito.Saranno poi determinanti i profili extra-normativi legati alla gestione: senza investimenti su competenze, qualificazione e riduzione delle stazioni appaltanti, digitalizzazione, è lecito dubitare del successo della riforma. La capacità amministrativa è, del resto, intaccata anche da fattori istituzionali, come la frammentazione delle competenze tra i livelli di governo e la "volatilità" dell'indirizzo politico, in ragione del continuo avvicendarsi di governi e maggioranze. Da ultimo, il rilancio dell'attitudine a operare scelte tempestive e responsabili richiede, da parte della giurisprudenza amministrativa, l'abbandono di una concezione «vincolistica» del diritto amministrativo, in favore di percorsi ermeneutici orientati all'analisi delle conseguenze economiche e sistemiche delle decisioni.

(*) Osservatorio Fondazione Bruno Visentini (a cura di Giancarlo Montedoro)