Urbanistica

Pnrr: per le rinnovabili in pista 5,9 miliardi, semplificazioni ancora al palo

Nel primo trimestre 2021 le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico, idroelettrico raggiungono complessivamente 181 megawatt di potenza, con un lieve aumento del +2%

di Jacopo Giliberto

Mezzo pieno o mezzo vuoto, la versione verde e rinnovabile del Pnrr scontenta chi vorrebbe la transizione energetica delle rinnovabili tutta e subito e chi invece è cauto per l’impatto sociale che il passaggio potrebbe produrre.

Prima di tutto, i numeri.

Secondo l’Osservatorio sulle fonti elettriche rinnovabili realizzato da Anie Rinnovabili (i produttori di dispositivi e impianti) sulla base dei dati Gaudì di Terna, nel primo trimestre 2021 le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico, idroelettrico raggiungono complessivamente 181 megawatt di potenza, con un lieve aumento del +2% rispetto al 1° trimestre 2020. Gli andamenti sono diversificati: positivo fotovoltaico (+32%) e negativi per l’idroelettrico (-79%%) ed eolico (-31%).

Da moltiplicare per dieci

Una crescita del 2% è quasi una sconfitta di fronte al fabbisogno scritto nei piani. «La velocità di installazione dovrebbe quasi decuplicare», avverte Agostino Re Rebaudengo, presidente dell’associazione Elettricità Futura (le aziende elettriche). Il 31 maggio il Governo ha cercato di alleggerire per decreto gli impedimenti alle fonti rinnovabili, ma moltiplicare per dieci, +1000% al posto dell’attuale +2%, «è un’impennata impossibile da realizzare con le misure attualmente contenute nel decreto semplificazioni».

Ancora numeri.

Per essere in linea con l’obiettivo del Green Deal, l’Italia dovrebbe installare oltre 7mila megawatt di nuovi impianti rinnovabili ogni anno da qui al 2030. I 181 megawatt registrati nei primi tre mesi dell’anno fanno pensare, se proiettati per quattro sull’intero 2021, che quest’anno si completeranno impianti rinnovabili per 724 megawatt contro i 7mila progettati, un decimo. «Negli ultimi anni riusciamo ad installare solo 800 megawatt l’anno, un divario troppo ampio rispetto agli impegni presi con l'Europa, che di questo passo raggiungeremo nel 2090 e non nel 2030», protesta sconsolato Re Rebaudengo.

Aggiunge l’Anie Rinnovabili: «Seppur quest’ultimo provvedimento legislativo intervenga in modo più organico ed incisivo in materia di Fonti elettriche rinnovabili e accumuli, si auspica che nella fase di conversione in legge si intervenga per ulteriori semplificazioni e soprattutto per determinare la gestione del transitorio ed ammodernare i parametri della vincolistica allo scopo di dare maggior forza propulsiva alla decarbonizzazione del settore elettrico».

A parere di Davide Chiaroni, vicedirettore del gruppo energy&strategy della School of Management del Politecnico di Milano, i 5,9 miliardi che il Pnrr mette a disposizione delle rinnovabili non faranno la differenza «se non si parte dall’assunto che la transizione ecologica è frutto di una precisa scelta politica legata alla necessità non più derogabile di mitigare l’effetto dannoso sul clima delle emissioni di gas, e non si disegna un percorso politico di concreto sviluppo, sfruttando al massimo l'enorme potenziale impiantistico, industriale e commerciale che abbiamo costruito in oltre un decennio. È da un mix integrato e coerente di provvedimenti normativi, così come da un mix integrato e coerente (per taglia e fonte) di impianti da rinnovabili, nuovi e ammodernati, che dipende il futuro del comparto in Italia».

Agrivoltaico ed eolico in mare

Eppure, protestano gli ecologisti, stando al think-tank italiano Ecco (con E3G e Wuppertal Institute) in Italia soltanto il 13% delle risorse complessive del piano sono state indirizzate a progetti significativi per il clima. In Spagna ad esempio la quota verde del Pnrr è del 31%.

Tra le fonti rinnovabili, il piano parla 4.200 megawatt tra i quali 1,5 miliardi potrebbero andare all’agrivoltaico, pari a circa 430 megawatt. L’agrivoltaico è l’istallazione di fotovoltaico su terreno agricolo, cercando di conciliare le due finalità di produzione primaria, cioè fare in modo che l’estrazione di energia dal sole possa affiancare le colture.

Ciò potrebbe superare le contestazioni feroci di gran parte dell’ambientalismo tradizionale contro i pannelli solari sul terreno, come i duri attacchi espressi negli ultimi anni da Carlo Petrini di Slow Food o come avviene in queste settimane in Sicilia con le proteste contro il progetto Lindo tra Noto e Siracusa o con gli agricoltori esasperati a Loreo in Polesine.

Sono considerati nel piano i progetti di gas rinnovabile come il biometano e l’idrogeno da fonti rinnovabili; deboli i cenni sui piani di espansione della produzione elettrica, sui sistemi di accumulo e sulle centrali eoliche da realizzare in mare, una frontiera sempre sottovalutata ma che potrebbe essere interessante per un Paese poco ventoso e molto abitato.

Così avanzano i progetti di eolico in mare per la Sardegna, la Sicilia, l’Adriatico di fronte a Rimini e il progetto Agnes della Saipem di fronte a Ravenna. E intanto a fine maggio il ministero della Transizione ecologica ha dato il via libera ambientale definitivo a una centrale eolica nello Ionio al largo di Taranto.

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