Appalti

Acqua, accelerano gli investimenti: triplicati in sei anni

di Giorgio Santilli

Non smontate la regolazione affidata all’Autorità per energia, reti e ambiente (Arera) nel settore dei servizi idrici. È il messaggio che arriva forte e chiaro dal seminario organizzato ieri dall’Arel «Quale riforma per il settore idrico in Italia» cui hanno partecipato ricercatori, esperti, operatori economici e amministrazioni pubbliche. È un messaggio diretto al Parlamento: in esame c’è la proposta di legge dei Cinquestelle (prima firmataria Federica Daga) che propone un cambiamento radicale partendo dall’idea che «il sistema ha fallito e che le politiche di privatizzazione hanno prodotto il disastro».

Ma è davvero così? Nel seminario di ieri si è incaricato di fare una fotografia del settore (acquedotto, depurazione, fognatura) Donato Berardi, direttore di Ref.ricerche, che ha spiegato i cambiamenti intervenuti dal 2012, quando la legge ha affidato all’Autorità di svolgere la regolazione del settore. Il dato più rilevante di una buona regolazione - sottolineato anche da l presidente di Utilitalia Giordano Colarullo - è quello degli investimenti: si è passati da 20 euro per abitante l’anno del 2012 a 54 euro programmati nel 2018. «Investimenti triplicati, ai massimi da sempre», sintetizza la nota che che ricorda come prima di questo periodo il picco era stato raggiunto con 40 euro/abitante. Ulteriore accelerazione prevista negli investimenti programmati per il 2019 con un +17% rispetto al 2018. Importante che si muova anche il Sud: +46%.

A testimoniare l’accelerazione degli effetti della regolazione c’è la fotografia della governance del settore. Nel gennaio 2016 c’erano solo 36 Ato (ambiti territoriali ottimali) ad aver completato il percorso di riforma mentre 59 erano ancora incompleti o non avevano affidato la gestione unica, mentre nel gennaio 2018 solo 9 Ato non erano operativi o non avevano affidato la gestione unica. Restano comunque ancora 258 gestioni titolate all’esercizio, 340 cessate ex-lege e oltre 100 gestioni dirette comunali: c’è ancora da lavorare per completare la razionalizzazione delle gestioni e l’industrializzazione del processo.

Altro tema - anche perché la proposta M5S prevede un obbligo di gestioni pubbliche in house - riguarda la contestazione dello slogan che l’acqua è stata privatizzata: Ref fotografa invece un 12% di gestioni dirette comunali, un 55% di gestioni pubbliche, un 30% di gestioni miste pubblico-privato a controllo pubblico e solo un 3% di gestioni private in concessione. «La richiesta al Parlamento - sintetizza Alberto Biancardi, ex consigliere Arera - è cambiare il meno possibile o almeno di non interferire con un processo che sta andando sempre meglio, anche in aree come il Sud, dove è stato più difficile il decollo».

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