Il CommentoFisco e contabilità

Alla Consulta i tagli ombra che gonfiano il fisco locale

I giudici devono decidere sulla legittimità di riduzioni che hanno distorto le aliquote

di Pietro Piciocchi (*)

La Corte costituzionale, come spiegato su NT+ Enti locali & edilizia del 25 giugno, sarà prossimamente chiamata a pronunciarsi su un ricorso proposto dalla Regione Liguria, su mandato del Consiglio delle Autonomie locali liguri, che riguarda alcune importanti questioni in merito ai rapporti finanziari tra lo Stato e i Comuni.

Sullo sfondo i tagli per oltre 13 miliardi di euro subiti dagli enti locali negli ultimi dieci anni per la straordinaria partecipazione del comparto agli sforzi di risanamento della finanza pubblica e la mancata attuazione della legge delega del 2009 sul federalismo fiscale.

Oggetto dell’impugnativa sono tre norme della legge di stabilità per il 2020: la prima che ha consolidato il taglio strutturale del fondo istituito per compensare i Comuni del gettito non più acquisibile per effetto dell’introduzione della Tasi nel 2013, portandolo dagli iniziali 625 milioni agli attuali 300 milioni; la seconda che stabilisce solo a decorrere dal 2024 la piena restituzione del taglio lineare di 564 milioni di trasferimenti statali applicato nel 2014; la terza che disciplina l’avanzamento del criterio della perequazione, basato sulla differenza tra capacità fiscali dei Comuni e fabbisogni standard, nella distribuzione delle risorse del fondo di solidarietà comunale.

I Comuni liguri contestano il carattere strutturale, e non temporalmente delimitato, dei tagli disposti alle loro finanze, in assenza di una valutazione d’impatto sui loro bilanci: valutazione che non è stata fatta anche per la perdurante assenza della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti le funzioni fondamentali dei Comuni, tema rispetto al quale, a differenza di quanto accaduto in sanità, il legislatore è latitante da oltre dieci anni.

I tagli indiscriminati che si sono abbattuti sui bilanci degli enti locali hanno determinato un uso distorto della leva fiscale che è stata utilizzata dai Comuni non per fornire servizi aggiuntivi ai propri amministrati nella prospettiva propria dell'autonomia bensì al fine di salvaguardare i già precari equilibri di bilancio.

Altra questione di interesse riguarda il criterio di distribuzione delle risorse del fondo di solidarietà comunale: a partire dal 2012 il sistema è stato costruito su una forma di perequazione orizzontale in base alla quale sono i Comuni con maggiori capacità fiscali, e non lo Stato, a fornire le risorse da ripartire a favore degli enti locali con minori entrate.

La situazione evidenzia un quadro deficitario in partenza dove, a causa dei tagli subiti negli ultimi anni, il costo dei fabbisogni standard supera di quasi 9 miliardi il valore delle capacità fiscali espresse dal comparto. L'avanzamento della percentuale di perequazione, in questo contesto, penalizza i Comuni più virtuosi che ogni anno si vedono erodere, ed in alcuni casi addirittura azzerare, la loro quota di partecipazione al fondo di solidarietà comunale. Stessa penalizzazione per i loro cittadini che pagano più tasse senza vedersi riconoscere il loro sforzo in servizi aggiuntivi proprio a motivo dell'accentuarsi dei meccanismi di perequazione.

Il contesto risulta ulteriormente aggravato dal fatto che le capacità fiscali si misurano sul catasto che nel nostro Paese viene aggiornato a macchie di leopardo e le cui risultanze spesso non sono neppure coerenti con le quotazioni del mercato immobiliare.

Tutti temi di grande interesse per le ragioni costituzionali dell'autonomia finanziaria locale che saranno oggetto della discussione davanti alla Corte prevista per il prossimo 5 ottobre.