Fisco e contabilità

Upb, dal Superbonus spinta solo dell’1% sul Pil 2021-2022

La stima indica un effetto moltiplicatore intorno a 0,3 e spiega la corsa del deficit

di Gianni Trovati

Il Superbonus ha dato una mano, ma non è stato né decisivo né centrale sulla crescita italiana. Perché mentre la lunga corsa post pandemica cumulava 11 punti di Pil fra 2021 e 2022, al 110% è attribuibile una spinta non superiore a un punto.

I dati offerti ieri alla commissione Finanze del Senato dall’Ufficio parlamentare di bilancio nell’audizione sui crediti d’imposta accendono una luce ufficiale sul calcolo di costi e benefici del Superbonus. E misurano un effetto molto meno poderoso rispetto a quello ipotizzato fin qui.

La base è rappresentato dai numeri aggiornati mercoledì dall’Istat sull’andamento del Pil 2020-2022. In questo quadro, le costruzioni hanno portato circa due punti alla crescita italiana del 2021-22: ma il Superbonus si esercita ovviamente solo sul residenziale, mentre la spinta al settore arriva anche dalla ripresa dei lavori pubblici dopo lo stop del Covid e dall’avvio del Pnrr. Non solo: come sottolineato da Bankitalia nella stessa sede il 21 febbraio scorso, «si può stimare, utilizzando tecniche econometriche basate sull’analisi controfattuale, che circa la metà degli investimenti che hanno beneficiato del Superbonus abbiano carattere aggiuntivo». L’altro 50% degli investimenti, quindi, sarebbe stato realizzato anche senza il supersussidio. Ma c’è un altro aspetto (anticipato ieri sul Sole 24 Ore) che semina dubbi ulteriori sull’efficacia del motore alimentato dal 110%: il 75% degli sconti fiscali è stato autorizzato nel 2022, ma l’aumento degli investimenti nel residenziale è stato decisamente più marcato nel 2021 (+37,2%) che nell’anno successivo, quello del boom del Superbonus, quando si è fermato a un +10,3% inferiore anche al +12,9% registrato nel non residenziale, escluso dal Superbonus. Con un punto di Pil in due anni che hanno visto detrazioni autorizzate per 62 miliardi, emergerebbe un moltiplicatore di 0,3 (per ogni 100 euro di sforzo del bilancio pubblico si producono circa 30 centesimi di Pil) che spiega bene come mai il rapporto deficit/Pil sia stato alimentato così riccamente dagli sconti edilizi.

Su questi presupposti, con un lavoro certosino l’Authority parlamentare sui conti costruisce un quadro dettagliatissimo di caratteristiche, pregi e difetti del Superbonus. Che con il meccanismo della cessione dei crediti ha avuto ovviamente un impatto meno regressivo rispetto agli incentivi edilizi tradizionali, come mostra una geografia più orientata a Sud (nel Mezzogiorno è andato il 26,5% degli investimenti agevolati contro l’11,3% dell’Ecobonus) e meno concentrata nei Comuni ad alto reddito.

Anche così, però, in termini di efficientamento energetico complessivo emerge un effetto marginale. Fin qui le riqualificazioni hanno interessato l’1,5% dei villini (categoria catastale A7), e l’incidenza scende insieme al pregio degli immobili: nelle abitazioni «civili» (A2) si attesta allo 0,7%, cala allo 0,6% fra le economiche (A3) e non supera lo 0,2% fra le case popolari. Considerando tutti gli interventi autorizzati, 372.303, i 71,7 miliardi di minori entrate cumulate dal solo Superbonus fino a gennaio 2023 hanno riguardato il 3,1% degli edifici: a questi ritmi, per una teorica riqualificazione di tutto il patrimonio edilizio servirebbe la cifra astronomica di 2.313 miliardi.

La strada è quindi palesemente impercorribile. Allo stesso modo è però tutt’altro che ottimale il ritorno al passato imposto dal decreto legge di metà febbraio, che cancellando sconti in fattura e cessione dei crediti reintroduce nei fatti il «marcato profilo regressivo» sottolineato dallo stesso Upb per le vecchie detrazioni in cui poco più del 10% raccoglie il 50% dei benefici.

Non è esattamente l’ideale per affrontare la «transizione ecologica» chiesta dalla Ue anche con la direttiva sulle case green.

«Sul tema servono risposte europee, non nazionali», sottolinea il ministro dell’Economia Giorgetti: ma serve anche un equilibrio tra sforzo fiscale e risultati che oggi sembra piuttosto complicato da trovare.

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