Imprese

Ance: il Codice degli appalti non metta a rischio concorrenza e prezzi

La presidente del costruttori Federica Brancaccio: obbligare un grande Comune a motivare il ricorso alla gara è davvero incredibile

di Flavia Landolfi

Non ci gira intorno Federica Brancaccio, numero uno dell'Ance, l'associazione dei costruttori confindustriale: «Il nuovo Codice dei contratti rischia di limitare la concorrenza e quindi il mercato dell'edilizia, senza contare gli effetti sui bilanci delle imprese dal non aver previsto un sistema automatico di revisione dei prezzi». A una manciata di giorni che separano il testo dall'approvazione definitiva in Cdm prevista per martedì prossimo, Ance non nasconde le preoccupazioni. Che sono, in sintesi, su tre fronti.

Presidente Brancaccio, perché dovrebbe essere messa a rischio la concorrenza con la riforma del Codice?
I bandi sotto soglia comunitaria, fino al limite di 5,3 milioni di euro circa, perdono nel nuovo Codice il ricorso alla gara se non in chiave derogatoria. La abbiamo ereditata dal decreto Semplificazioni e da una cultura emergenziale nata nella pandemia dalla quale però sarebbe bene che venissimo fuori una volta per tutte. Il 90% dei bandi e il 44% del valore messo a gara è sotto la soglia comunitaria. Per altro i concessionari dei settori esclusi con questo nuovo Codice potranno fare il 100% dell'in house. Perché abdicare così al fattore concorrenziale?

Lo spirito del nuovo Codice è quello di semplificare e velocizzare.
Ma non è così che si velocizza. La fase della gara è quella che erode il minor tempo di tutto il procedimento e le lungaggini sono concentrate a monte e a valle nella fase di esecuzione.

E quindi cosa proponete?
Stabiliamo una soglia intermedia da 2,5 a 3 milioni, oppure rendiamo facoltativo l'utilizzo della procedura ordinaria o di quella negoziata senza bando. Obbligare un grande Comune a motivare il ricorso alla gara è davvero incredibile. D'altra parte ce lo ha detto anche Bankitalia qualche tempo fa: la procedura negoziata nelle stazioni appaltanti poco qualificate crea una grossa inefficienza della spesa oltre a fenomeni di altro tipo.

Voi siete preoccupati anche per l'annosa questione della revisione dei prezzi. Nel Codice è previsto un adeguamento però. Perché non vi soddisfa?
Abbiamo molto esultato per il fatto che finalmente si parlasse nel Codice di questo aspetto. Ma quando siamo andati a vedere gli allegati di attuazione ci siamo resti conto che in realtà era una compensazione e non una revisione dei prezzi. In pratica il testo non prevede un'automatica indicizzazione dei prezzi in base all'aumento o alla diminuzione del costo delle materie prime.

Avete avuto però un fondo ad hoc per il caro materiali. Non ha funzionato?
A distanza di due anni più del 90% delle imprese ancora non ha ricevuto ristori per il secondo semestre 2021 e primo semestre 2022. È per questo che insistiamo su un meccanismo automatico, non dico di mese in mese, ma di trimestre in trimestre, con il quale si possano applicare alla contabilità le variazione dei prezzi. Per altro è bene che si sappia che attualmente i ristori coprono il 40-60% degli aumenti e non il 100 per cento come nell'immaginario collettivo. Lo voglio dire con grande chiarezza: in questo modo le imprese non ce la faranno.

Diceva che c'è un terzo problema nel nuovo testo. Quale?
È quello legato agli illeciti professionali che in questo testo danno alle stazioni ampissimi margini, anche molto arbitrari, per l'esclusione delle imprese dagli appalti. Tagliare fuori un'azienda sulla base di accuse non passate in giudicato mi parrebbe assai singolare oltre che ingiusto. Siamo ancora in uno Stato di diritto.

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