Abusi, l'ordinanza di demolizione non deve essere motivata
Tar Lazio: bocciato il riscorso puntato sul fatto che il Comune non avesse giustificato il provvedimento in maniera approfondita
In caso di un'opera realizzata abusivamente, l'ordinanza di demolizione (che ha natura cautelare per garantire la conservazione dei luoghi) non ha bisogno di essere motivata in quanto l'abusività costituisce di per sé motivo sufficiente per l'adozione della misura repressiva. È uno dei motivi con cui il Tar del Lazio ha respinto, con la sentenza 5236/2023 l'istanza di un ricorrente contro l'ordinanza di demolizione del Comune di Rocca di Papa di un piano abusivo (11 metri per 19 con altezza da 2.30 a 3,30 costruito con blocchetti) sopra un edificio già esistente. Quindi il ricorso con diversi motivi tra i quali quello con cui si sosteneva che si trattava di un'opera di risanamento e che il Comune non aveva motivato in maniera approfondita l'ordinanza.
Tra le motivazioni del ricorso, pur ricordando che l'edificio ricade in area vincolata, il ricorrente ha evidenziato che l'amministrazione aveva già rilasciato la concessione in sanatoria per l'edificio preesistente. Per i giudici in caso di costruzioni realizzate in presenza di vincoli, preventivamente devono essere richiesti i nulla osta alle autorità preposte alla tutela.«Quanto, poi, al titolo edilizio necessario per la realizzazione di un piano in sopraelevazione su quello preesistente, destinato ad aumentare in modo permanente l'alterazione dello stato dei luoghi con aumento della cubatura destinata a uso abitativo - sottolineano i giudici -, è indubitabile la necessità del permesso di costruire, con conseguente necessità di ingiungere la demolizione per il caso in cui il manufatto ne sia sprovvisto, come avvenuto nel caso di specie».
Per i giudici, la tesi secondo cui si sarebbe realizzato «un semplice restauro conservativo, è infatti destinata a scontrarsi frontalmente con le risultanze del sopralluogo effettuato da cui è emersa la realizzazione di una sopraelevazione che non può essere qualificata come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, ma deve essere considerata come una nuova costruzione, che avrebbe dovuto essere preceduta, pertanto, dal rilascio del permesso di costruire». I giudici sottolineano anche un altro aspetto che riguarda ciò che avviene quando viene accertata l'assenza di titolo edilizio. «L'ordine di sospensione dei lavori ha natura cautelare ed è volto a garantire la conservazione dei luoghi, impedendo l'ulteriore aggravio del danno urbanistico nelle more della adozione di ulteriori provvedimenti».
Il ricorrente solleva l'eccezione di carenza di motivazione perché l'amministrazione «avrebbe dovuto non solo indicare i presupposti di fatto e di diritto legittimanti la demolizione, ma anche dimostrare la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla rimozione dell'intervento». Tesi che per i giudici non ha pregio perché «l'ordinanza di demolizione è rigidamente ancorata ai predeterminati presupposti in fatto e in diritto, al ricorrere dei quali va dunque emessa, senza che sia necessaria alcuna specifica motivazione, in quanto l'abusività costituisce di per sé motivo sufficiente per l'adozione della misura repressiva». Quindi: «L'esercizio del potere repressivo delle opere abusive realizzate in assenza del titolo edilizio mediante l'applicazione della misura ripristinatoria può ritenersi sufficientemente motivato (oltre che con l'indicazione delle norme a fondamento del potere esercitato), dalla stessa descrizione dell'abuso».