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Abuso d’ufficio, accordo trovato sulla soppressione

Il vertice tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e la responsabile giustzia della Lega Giulia Bongiorno sblocca l’impasse

di Giovanni Negri

Si va verso la soppressione dell’abuso d’ufficio. Il vertice di ieri tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia del Senato e responsabile giustizia della Lega, presente anche il sottosegretario leghista Andrea Ostellari, è stato decisivo. La Lega era infatti la forza di maggioranza più perplessa rispetto a un intervento così drastico sul reato, meglio sarebbe stato, aveva sinora sostenuto, procedere a una sua ulteriore rivisitazione per restringerne ulteriormente (dopo l’ultimo intervento del Governo Conte 2) il perimetro di rilevanza penale.

E tuttavia, alla fine, la determinazione di Nordio, da sempre favorevole alla cancellazione dell’abuso d’ufficio dal Codice penale, con la sponda costante di Forza Italia, ha fatto superare le ultime resistenze. Determinante il fatto che l’eliminazione sarà parte di misure più ampie che interesseranno anche altre fattispecie di illeciti contro la pubblica amministrazione, traffico d’influenze in primo luogo.

Così, al termine di una riunione durata oltre due ore, Bongiorno può fare il punto «Ho avuto - spiega Bongiorno - una lunga e proficua riunione con il ministro Nordio e il sottosegretario Ostellari sul pacchetto giustizia. La Lega è favorevole all’adozione di una serie di misure garantiste tra le quali trovano spazio anche quelle cautelari oggetto del referendum, quelle sull’appello e sulle intercettazioni. Via libera anche alle scelte sul reato di abuso di ufficio, alla luce dell’intenzione del ministro di rivisitare l’intera materia dei reati contro la pubblica amministrazione».

A breve le misure saranno portate in Consiglio dei ministri, comunque entro la prima metà di giugno. Ancora non è stato deciso se procedere alla presentazione in Consiglio dei ministri di un unico disegno di legge oppure procedere con una pluralità di provvedimenti, distinguendo, per esempio, le disposizioni di natura penale sostanziale, come quella sull’abuso d’ufficio, da quelle di natura procedurale.

Già, perchè del “pacchetto giustizia” farà parte anche una serie di misure, in parte già sperimentate in un non lontano passato, e altre del tutto inedite. Tra le prime spicca il ritorno della inappellabilità della pronunce di assoluzione da parte del pubblico ministero. Una riedizione della proverbiale legge Pecorella che, approvata nel 2006 dopo un tormentato percorso anche istituzionale (l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la rinviò alle Camere), venne poi progressivamente “smontata” da una serie di sentenze di illegittimità costituzionale da parte della Consulta.

Ricordato che una forma di inappellabilità della pubblica accusa era stata inserita nel progetto di riforma del Codice di procedura penale licenziato dalla commissione Lattanzi, istituita dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia, ma poi non tradotta nel testo oggi in vigore, sono in arrivo anche altre novità procedurali. A esserne investite saranno soprattutto le misure cautelari di natura personale. Prima di disporre la carcerazione preventiva per reati di non elevato allarme sociale, l’autorità giudiziaria dovrà sempre procedere all’interrogatorio della persona interessata; inoltre la decisione finale sarà sempre essere presa da un collegio di tre magistrati e non più da un solo giudice.

E ancora, dell’intervento farà parte anche una “stretta” sulla diffusione del contenuto delle intercettazione, irrigidendo il divieto di trascrizione, già peraltro significativamente rivisitato dalla Riforma Orlando in vigore dal 2020, a tutela delle persone non coinvolte nelle indagini.

Se ormai nella maggioranza pare essere stato raggiunto un accordo, è però evidente che oggetto e contenuto delle norme in arrivo sono destinati da una parte a incontrare il favore anche di forze politiche non di governo, dall’altra a riaprire un fronte di forte tensione con la magistratura. Il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa , a valle dell’incontro Nordio-Bongiorno, ha messo a disposizione il suo disegno di legge sull’abuso d’ufficio in discussione alla Camera, come “veicolo” sul quale traghettare la riforma: «l’importante - ha sottolineato Costa - è che una riforma su questo si faccia, non solo perché ce lo chiedono i sindaci di tutta Italia, ma perché la maggioranza di questi processi, che intasano i Tribunali, si risolve in un nulla di fatto». Lo stesso Matteo Renzi, peraltro, più volte ha manifestato la disponibilità a sostenere in Parlamento le misure, sinora solo annunciate, di Nordio.

Con la magistratura invece lo scontro potrebbe salire di tono, visto che alle misure in arrivo le toghe sono in larghissima parte ostili e che l’intervento si innesta comunque in una fase di forte contrapposizione Anm e ministro, dopo la decisione di Nordio di esercitare l’azione disciplinare nel caso Uss.

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