Amministratori

Abuso d'ufficio, la depenalizzazione non tocca il dovere di imparzialità costituzionale: sindaco condannato

Non aveva confermato il capo dell'area vigilanza per ritorsione: la Cassazione rigetta il ricorso

di Mauro Salerno

Il recinto di applicazione del reato di abuso d'ufficio è diventato più piccolo dopo il decreto Semplificazioni (Dl 76/2020), ma dai confini non è uscito l'obbligo di rispettare il principio di imparzialità della pubblica amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione. Per questo motivo la Corte di cassazione ha confermato la condanna di un sindaco per la mancata conferma di un funzionario a capo dell'ufficio vigilanza del Comune. Incarico non rinnovato, secondo la ricostruzione riportata nella sentenza, «per fini ritorsivi e dicriminatori».

Secondo il sindaco, la Cassazione avrebbe dovuto rivedere la condanna in seguito all'entrata in vigore del decreto Semplificazioni che ha cancellato la possibilità di contestare il reato di abuso d'ufficio per violazioni di semplici regolamenti, limitandola alle violazioni di leggi e atti aventi forza di legge. E anche in questo caso soltanto per quelle norme «dalle quali non residuino margini di discrezionalità».

Un orizzonte ristretto che secondo il sindaco avrebbe dovuto costituire uno scudo sufficiente rispetto alle accuse. Perché, agli occhi della difesa, dopo il decreto Semplificazioni, il reato di abuso d'ufficio non si applicherebbe più al rispetto dei principi generali «anche di rango costituzionale», a meno di non essere accompagnato «alla violazione di altra e distinta norma di condotta dalla quale non residuino margini di discrezionalità». Altrimenti, è la motivazione alla base del ricorso, «si dovrebbe concludere, in modo paradossale, che la riforma del 2020 non ha modificato alcunché».

Ricostruzione respinta dai giudici del «palazzaccio» romano. La sentenza riconosce che con il decreto 76/2020 è stato sicuramente «ridotto l'ambito applicativo» del reato di abuso d'ufficio. Ma la Corte precisa che l'abrogazione ha riguardato «solo le condotte poste in essere con la violazione di mere norme regolamentari o norme di legge prive del connotato di immediata precettività». Caratteri che non si addicono al principio costituzionale di imparzialità della pubblica amministrazione, perché «nella misura in cui vieta condotte di attuazione di intenti discriminatori e ritorsivi, il principio costituzionale ha immmediata portata precettiva» e «non necessità di ulteriore adattamento e specificazione».

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