Amministratori

Accesso agli atti, il «silenzio» dell'ente non è sempre un diniego

Se la richiesta è per l'accesso «tradizionale» e «civico», l'ente deve ampliare l'esame dei presupposti di accoglibilità

immagine non disponibile

di Pietro Alessio Palumbo

Tradizionalmente per poter visionare i documenti in possesso di un ente pubblico è necessario che il richiedente possa dimostrare un suo preciso interesse a controllarli. In caso di concessione di alcune aree demaniali, il privato che non abbia partecipato alla procedura di concessione non ha un interesse diretto specifico, e la richiesta di accesso può essere interpretata come un ingiustificabile controllo generalizzato sull'operato della Pa. Tuttavia se la richiesta è formulata contemporaneamente sia come accesso "tradizionale" (articoli 22 e seguenti legge 241/1990) che come accesso "civico" (articolo 5 Dlgs 33/2013), l'ente ha l'obbligo di ampliare l'esame dei presupposti di accoglibilità. E l'eventuale stasi dell'ente vale come diniego solo per l'accesso documentale, restando neutra e come tale impugnabile per quello civico. Su questi presupposti, con la sentenza 588/2021, il Tar Calabria ha traccia il sentiero per la corretta gestione da parte dell'ente di una istanza d'accesso unitamente documentale e civico, chiarendo inoltre al privato quali sono le effettive prospettive quando si trova davanti a una Pa "silente".

Accesso "tradizionale" e controllo generico
La conoscenza dei documenti amministrativi deve essere correlata ad altra situazione tutelata. Deriva che la stessa nozione di consenso all'accesso, come configurata dalla storica legge 241/1990, rivela la natura strumentale del diritto di accesso che, si badi, non può ridursi a un mero diritto all'informazione. In ogni caso nell'ambito del diritto di accesso, la valorizzazione del principio della massima ostensione non può essere estesa fino a consentire un controllo generico e indistinto sull'operato della Pa. Può quindi affermarsi che va rigettata l'istanza d'accesso "tradizionale" avanzata in qualità di soggetto che non ha partecipato alla procedura di concessione delle aree demaniali (procedura oggetto dell'accesso) e inoltrata col solo fine di operare una valutazione sul proficuo sfruttamento del bene demaniale in questione.

Accesso "civico" e dibattito pubblico
Quando invece l'istanza d'accesso richiama "cumulativamente" anche la disciplina dell'accesso civico ovvero è formulata in modo indefinito senza riferimento a una specifica disciplina, l'ente ha il dovere di considerare altresì i presupposti dell'accesso civico semplice e di quello generalizzato. L'accesso civico semplice riguarda l'obbligo della Pa di pubblicare documenti, informazioni o dati con correlato diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. L'accesso civico generalizzato ha lo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Su questi presupposti la Pa ha l'obbligo di trasmettere al privato i documenti richiesti ovvero di motivare l'eventuale rigetto dell'istanza.

Dissenso tacito e mera inerzia
In ogni caso l'eventuale inerzia della Pa ha un significato diverso nel caso di accesso tradizionale o civico. Nel primo caso il "silenzio" della Pa vale come diniego alla richiesta con la conseguenza che il richiedente può rivolgersi al Tar per obbligare l'ente a trasmettergli le carte. Nel caso di istanza di accesso civico, invece, il richiedente, prescindendo dall'attivazione della tutela davanti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, può contestare l'eventuale inerzia della Pa attivando la diversa azione contro la "stasi" amministrativa e, solo nell'ipotesi di un chiaro diniego, l'azione per acquisire i documenti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©