Il Commento Appalti

Acqua e ambiente centrali nell’uso del recovery fund

di Giordano Colarullo (*)

La prima, e indubbiamente non scontata, tappa che può avviare il Paese in un percorso di ripresa è stata traguardata con successo. L’entità di risorse riservate all’Italia e le modalità di accesso al Recovery fund europeo sono indubbiamente una grande opportunità a cui tutti gli attori politici ed economici, imprenditori e amministratori pubblici, devono ora contribuire con un impegno “da dopoguerra”. L’invito sulle pagine del Sole 24 Ore di Innocenzo Cipolletta a presentare idee e progetti, così come la richiesta al governo di adottare subito un programma di fattibilità per iniziative da avviare già nel 2021, non può che vedere l’adesione delle 450 aziende dei servizi pubblici di acqua, ambiente ed energia associate a Utilitalia. Anche facendo tesoro di diverse proposte presentate recentemente agli Stati Generali.

Gli obiettivi che ruotano intorno a due priorità vincolanti nell’ambito dell’uso del Recovery fund – i piani nazionali per l’energia e il clima e i piani per una transizione giusta – sono da tempo impliciti nella mission delle utilities. A chi legge queste pagine non è nuova la proposta di un nostro piano strategico di investimenti pari a 50 miliardi di euro in 5 anni, di cui 30 nell’idrico e 20 nei settori rifiuti ed energia, con un impatto del 3,6% sul Pil nazionale e possibili ricadute occupazionali fino a 400mila posti di lavoro, di cui una significativa parte al Sud.

Non si dimentichi che le utilities, in generale, sono una pietra angolare per qualunque politica di rilancio, dato che la gestione efficiente dei servizi essenziali rappresenta per altri comparti la precondizione per un qualsiasi sviluppo competitivo del sistema Paese.

In questo scenario, siamo fortemente convinti che il Sud debba diventare un capitolo centrale di quella “ricerca dei progetti perduti” che si andrà a fare nelle prossime settimane, in quella sfida che deve vedere il nostro Governo tornare a Bruxelles in autunno con un piano di interventi credibile e fattibile, strutturato con modalità e tempistiche affidabili.

Partiamo dai fatti: nel Mezzogiorno, il settore idrico è caratterizzato da una forte frammentazione gestionale, con la presenza di poche realtà industriali e di una larga maggioranza di gestioni in economia; contemporaneamente, il servizio rifiuti sconta un rilevante gap impiantistico. In tali zone, la qualità del servizio è significativamente più bassa e gli investimenti sono insufficienti a garantire un servizio adeguato. La stima degli investimenti al Sud evidenzia come l’investimento storico annuo, presente nel solo servizio idrico, sia pari a circa 400 milioni di euro, mentre una corretta applicazione della Legge Galli e un investimento medio annuo per abitante ai livelli degli standard europei (90 euro/ab/a) farebbero affluire circa 7,5 miliardi in 5 anni. Nel servizio rifiuti, gli investimenti necessari a superare l’attuale gap impiantistico del meridione sono stimati pari a circa 2,5 miliardi in 5 anni.

La fattibilità e l’efficacia di tali potenziali progetti richiede, a monte e a valle, una forte regia e la presa di coscienza dei fallimenti precedenti, per imboccare con coraggio un’alternativa immediata per recuperare il tempo perduto e traghettare i servizi nel Mezzogiorno a un livello compatibile con un nuovo sviluppo, agganciato all’intero Paese. Le utilities più solide e avanzate dal punto di vista dell’efficienza dei servizi, dalle best practices consolidate, potrebbero intervenire con investimenti e gestire temporaneamente – coadiuvate dallo Stato – le situazioni più arretrate o non ancora regolari nel meridione. Un “affidamento temporaneo di gestione”, vigilante il Governo centrale o altro ente nazionale, per veicolare capitali e far avanzare concretamente i progetti necessari nel ciclo idrico (dalle perdite idriche agli invasi, dal servizio all’utenza alle acque reflue) e nella gestione ambientale, oggi fortemente critica e dispendiosa.

Le carenze incidono negativamente sui servizi ai cittadini, sull’ambiente e sull’economia, dato che le multe per infrazioni comunitarie causano una emorragia di fondi che altrimenti potrebbero essere investiti per il territorio.

Non si tratta solo di offrire una prospettiva alla parte meno competitiva del Paese, di creare nuovi posti di lavoro, di mettere finalmente mano a quel water divide ancora esistente tra Nord e Sud, ma di essere custodi responsabili della nostra ricchezza di risorse ambientali e capaci amministratori di un potenziale sviluppo per i prossimi decenni che, oggi più che mai, sta a noi determinare.

In questo rilancio, le utilities sono pronte ad attivarsi in prima linea con fatti, visione e progetti.