Personale

Ai dipendenti pubblici sempre vietata l'attività esterna senza autorizzazione

La disciplina introdotta dal Dlgs 165/2001 è centrale nella regolamentazione dell'attività lavorativa dei dipendenti pubblici e, quindi, è doverosa la sua conoscenza

di Corrado Mancini

Con sentenza n. 106/2018, la Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia aveva respinto la domanda proposta dalla Procura contabile nei confronti di un lavoratore dell'Azienda ospedaliera, diretta ad ottenere la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni arrecati all'Azienda in conseguenza dello svolgimento di attività libero – professionale retribuita presso strutture private, in assenza di autorizzazione.
La Regione Lombardia aveva escluso la responsabilità del lavoratore ritenendo che non avesse violato, né intenzionalmente né con colpa grave, la disposizione sull' esclusività e incompatibilità di incarichi esterni con l'attività lavorativa, poiché non aveva mai operato in conflitto di interessi e aveva sempre reso "con responsabilità" e puntualità la prestazione lavorativa in favore dell'Azienda ospedaliera. E ha aggiunto che le disposizioni che vietano lo svolgimento di attività lavorativa in assenza di autorizzazione sono dirette a evitare prestazioni in concorrenza, in conflitto di interesse e in situazione di nocumento all'integrità psico-fisica, osservando che, nel caso di specie, le attività erano state svolte in periodo di inattività lavorativa conseguente al regime di part time verticale.
Ma la conclusione del giudice territoriale, per la Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d'Appello, non è condivisibile e deve essere riformata (sentenza n. 383/2021).
Per i giudici d'Appello il legislatore non si è limitato a vietare ai dipendenti pubblici lo svolgimento di incarichi esterni all'ordinaria attività lavorativa in assenza di specifica autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza, ma ha rafforzato il divieto evidenziando che l'assenza di autorizzazione impedisce ad altre amministrazioni, enti pubblici non economici e soggetti privati il conferimento dell'incarico. Lo scopo perseguito è quello di evitare che il dipendente pubblico, in violazione dei doveri risultanti dagli artt. 54, 97 e 98 della Costituzione, svolga, in assenza di una preventiva verifica di compatibilità da parte dell'amministrazione di appartenenza, attività nel proprio esclusivo interesse, con conseguente danno per l'amministrazione, sia in relazione alle energie sottratte all'ordinaria attività che al potenziale detrimento di immagine della funzione pubblica.
Infatti l'articolo 53, comma 7 del DLgs 165/2003 prevede espressamente che lo svolgimento di attività esterna, anche occasionale, sia subordinato alla verifica di compatibilità con l'attività lavorativa che deve essere effettuata preventivamente dall'amministrazione a seguito di specifica richiesta dell'interessato. Il comma 6 prevede la doverosità del regime autorizzatorio per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento.

La disciplina introdotta dal Dlgs 165/2001 è centrale nella regolamentazione dell'attività lavorativa dei dipendenti pubblici e, quindi, è doverosa la sua conoscenza, tenendo conto che regolamenta i diritti e i doveri del prestatore di lavoro pubblico. A nulla vale il fatto che l'amministrazione non abbia emanato specifiche circolari e che la prestazione lavorativa principale sia stata sempre resa in modo puntuale e senza conflitti di interesse perché non sono idonee a far venire meno la colpa grave dell'interessato ma solo, ad incidere sulla quantificazione del danno. L'addebitabilità del danno al soggetto responsabile deve essere verificata in concreto in base alla situazione nella quale ha operato e all'eventuale comportamento tenuto da altri soggetti. Nel caso di specie, visto che l'amministrazione ha tollerato una situazione di potenziale ambiguità emanando solo più tardi una chiara regolamentazione interna sull'argomento, la Corte concede una riduzione dell'ammontare del danno addebitabile in misura pari al 40%. Inoltre, considerato che lo svolgimento delle attività esterne non autorizzate da parte del lavoratore non ha inciso negativamente sulla prestazione lavorativa all'interno dell'Ospedale e non si è mai verificata alcuna situazione di conflitto di interessi, la Corte dispone una ulteriore riduzione del 20% del danno complessivo.

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