Urbanistica

Ance: per lo Stato dal Superbonus incassi pari al 30% dell'extragettito

Spinta a Pil e lavoro ma rischio liquidità per le imprese. Brancaccio: «Il 110% aspetta soluzioni. Non bastano le risorse sugli extracosti appalti, sulla rigenerazione urbana norme per favorire interventi privati»

di Giorgio Santilli

L’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori, rivendica un ruolo diretto del settore delle costruzioni nell’extragettito fiscale del primo semestre 2022 certifcato dal Mef in 14,3 miliardi e quantifica il beneficio generato alle casse statali dagli interventi finanziati con il Superbonus in 4.219 milioni, pari al 30% dell’extragettito. A concorrere a questo risultato sono, secondo un rapporto dell’Ance, 1.374,5 milioni di gettito Iva e 2.845 milioni di Irpef e Iva derivante dai maggiori consumi degli occupati negli interventi legati al Superbonus. Inoltre - sottolinea la nota dei costruttori - «se si considerano gli ulteriori effetti positivi derivanti dai contributi previdenziali e assistenziali, nonché le imposte pagate dalle imprese coinvolte nel processo realizzativo, le entrate ascrivibili al Superbonus 110% raggiungono circa 6,4 miliardi».

«Questi dati - dice la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio - ci confermano che il Superbonus meriterebbe una giusta attenzione nell’azione di governo, che può ancora intervenire a correggere alcuni aspetti con il decreto Aiuti bis. Noi constatiamo che la cessione dei crediti resta bloccata anche dopo la norma che ha reso possibile retroattivamente al 1° maggio 2022 la cessione facilitata dei bonus da parte delle banche». Brancaccio dice che in questi mesi è stato fatto «terrorismo» sul tema della responsabilità solidale delle banche e che lo stesso nodo ora rischia di vanificare la possibilità di una cessione dei crediti da parte delle banche ai «secondi cessionari» o «secondi acquirenti». Andrebbe chiarito subito già nel Dl Aiuti bis in arrivo - dice Brancaccio - che «la responsabilità solidale non scatta nei confronti del secondo acquirente e che questi non è tenuto a ripetere l’istruttoria già fatta dalla banca anche perché, nel caso per esempio di un professionista, non avrebbe certo gli strumenti per svolgere quell’indagine».

Ma il rapporto dell’Ance e le parole della presidente evidenziano che le preoccupazioni non si fermano al Superbonus, su cui pure migliaia di imprese rischiano di fallire, ma attraversano con un filo rosso altri comparti che rischiano di esplodere perché non gestiti adeguatamente a causa della crisi di governo. «Viviamo - dice Brancaccio - un paradosso esplosivo: in questo momento il settore crea Pil e occupazione e contribuisce in misura determinante all’extragettito fiscale e alla crescita, ma si trova poi in una situazione di grandissima fragilità sul piano finanziario: da un momento all’altro le imprese rischiano di trovarsi strozzate da mancanza di liquidità». Il secondo allarme, dopo il 110%, riguarda gli extracosti negli appalti per cui le risorse messe a disposizione dal governo rischiano di rivelarsi del tutto insufficienti. «Riteniamo - dice ancora Brancaccio - che ci sia stato un calcolo sbagliato nell’ipotesi che le stazioni appaltanti provvedessero a pagare le compensazioni 2022 facendo ricorso a proprie risorse e, in una misura limitata, facendo ricorso al fondo nazionale. Ci risulta che le risorse proprie siano poche e, di conseguenza, quelle nazionali largamente insufficienti. Anche qui si potrebbe intervenire urgentemente consentendo intanto alle stazioni appaltanti di anticipare le risorse pescando dal quadro economico dell’opera e poi rifinanziando il fondo nazionale». Brancaccio non vuole sentir parlare di «trattamenti diversi da stazione appaltante a stazione appaltante perché per le imprese avere le compensazioni è un diritto acquisito e tutte devono avere quanto gli spetta».

Terzo fronte urgente la rigenerazione urbana per cui il Pnrr ha già distribuito sul territorio 10,2 miliardi divisi in tre programmi (Rigenerazione urbana, piani urbani integrati e qualità dell’abitare). Ma sul fronte delle regole, la crisi di governo ha fatto fare tre passi indietro con lo stop alla legge Giovannini al Senato. «Il Pnrr - dice Brancaccio - non può essere solo intervento pubblico e deve essere invece la sede in cui sperimentare formule capaci di far fare concretamente passi avanti, anche per aprire prospettive future. La ricucitura di molte zone urbane non è possibile senza coinvolgere i privati. Per questo è necessario allargare subito per decreto ai privati semplificazioni e incentivi già previste per l’intervento pubblico».

Infine, un avviso sul nuovo codice contratti. «Spediremo la nostra memoria - dice Brancaccio - entro il 10 agosto come chiede il Consiglio di Stato ma poi ci attendiamo una vera interlocuazione da qui al 20 ottobre.Nessuno pensi che il 20 ottobre ci si consegni il testo già fatto. Voglio ricordare che il fallimento del codice del 2016 nasce proprio dall’interlocuzione negata e dall’avvitamento che ne è derivato».

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