Anche di troppe norme può morire un settore, ma serve più qualità legislativa non una «delegificazione»
INTERVENTO. Solo negli ultimi 12 mesi contati venti interventi sul tema della congruità dei prezzi di appalto
Abbiamo un problema che affligge la quotidianità della nostra vita che nulla c'entra con la pandemia o con la crisi Ucraina perché proveniente da molto lontano. Rappresenta forse uno dei temi centrali di cui dobbiamo venire a capo se vogliamo superare la sfida che il Pnrr ci pone davanti per avere un Paese più sostenibile, efficiente ed equo. Il tema, essenziale, che vogliamo affrontare è quello della cattiva normazione. Da ultimo Italia Decide nella ricerca "Tutti all'opera" ha individuato il vulnus rappresentato dalla cattiva normazione come tema centrale da risolvere per arrestare il declino verso cui siamo mestamente avviati.
Come Ance, nel luglio 2020, pubblicammo una ricerca «1000 e una norma» con la quale effettuammo un censimento delle norme che dal 1994 erano state partorite dal legislatore, latu sensu, per la regolamentazione del comparto dei lavori pubblici. I risultati furono imbarazzanti: riscontrammo un ipertrofico profluvio normativo. Con la pandemia, perché non riprendesse tutto come prima, è stata rimessa all'ordine del giorno la necessità di legiferare con prudenza quanto alla quantità e con esaustività quanto alla qualità. Ebbene per verificare se alle promesse siano seguiti i fatti abbiamo, come Ance, effettuato due nuovi censimenti. Il primo, ha riguardato la disciplina sia regolatoria che economica, nella materia dei lavori pubblici, a decorrere dal Dl Sblocca cantieri (aprile 2019) fino ai giorni nostri.
Partiamo dal Dl Sblocca cantieri perché in piena pandemia costituiva la prima riposta alla situazione di emergenza che affliggeva il Paese. Ebbene in 36 mesi (aprile 2019/marzo 2022) abbiamo registrato circa 100 interventi, alcuni essenziali altri di dettaglio. Negli ultimi tre anni il legislatore è intervenuto modificando/integrando con tre provvedimenti al mese in ognuno degli ultimi 36 mesi la materia deilavori pubblici!
Il secondo, ha riguardato la produzione regolatoria intervenuta sul tema della congruità del prezzo di appalto a decorrere dal Dl Sostegni bis (maggio 2021) fino ai giorni nostri. Partiamo dal Dl Sostegni bis perché con la sua conversione nella legge 106 troviamo traccia del primo provvedimento straordinario di cui il legislatore si fa carico per tentare di fornire una risposta alla esplosione dei prezzi delle materie prime e delle forniture. Ebbene in 12 mesi (maggio 2021/aprile 2022) abbiamo registrato circa 20 interventi sulla disciplina della congruità dei prezzi di appalto. Negli ultimi 12 mesi il legislatore è intervenuto modificando/integrando la specifica materia con 1,5 provvedimenti al mese in ognuno degli ultimi 12 mesi!
Tutti gli osservatori sono concordi nella constatazione di base riguardante una legislazione spesso ipertrofica e confusa nelle previsioni e sicuramente sovrabbondante, complessa e poco coerente nelle finalità. Si è consolidato un vero e proprio diritto della emergenza con un affastellamento di regimi speciali e derogatori, peraltro sempre a tempo e quasi sempre oggetto di proroghe. Si registra una inflazione normativa, anche con riferimento ai tempi ed alle regole, con un effetto matrioska nei vari provvedimenti. La moltiplicazione dei decreti legge, adottati a distanza estremamente ravvicinata, ha determinato un consistente fenomeno di sovrapposizione e intreccio di fonti normative. Manca una valutazione sostanziale degli impatti regolatori sia ex ante, con la Air, che ex post, con la Vir.
L'analisi dell'impatto della regolamentazione costituisce il percorso logico che le amministrazioni devono seguire nel corso dell'istruttoria normativa al fine di valutare l'impatto atteso dalle opzioni di intervento considerate. Rappresenta, pertanto, un supporto tecnico alle decisioni dell'organo politico di vertice e consiste in una analisi ex ante degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. La verifica dell'impatto regolatorio consiste nella valutazione del raggiungimento delle finalità di un atto normativo, nonché nella stima degli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. La finalità della Vir è, dunque, di fornire, a distanza di un certo periodo di tempo dall'introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull'impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di valutare possibili revisioni della regolazione in vigore. Ebbene non si può non riscontare come il legislatore appaia maggiormente sensibile alla valutazione della propria operosità più in termini mediatici che di qualità intrinseca della produzione normativa stessa.
Si assiste ad una moltiplicazione ed intreccio delle fonti del diritto tale da determinare una quotidiana incertezza nel tentativo di reperire regole vigenti tra Dl, Dpcm, Dm, Ordinanze, Leggi, Soft regulation e Faq, assurte anch'esse a fonti del diritto, senza che emerga chiaramente la bussola che il legislatore si prefigura di perseguire sia in termini di coerenza sia della interazione delle varie norme tra di loro. È stato magistralmente ricordato, di recente, il tema della legge oscura con una burocrazia che si esprime in una anti-lingua creando insicurezza e disaffezione verso il decisore pubblico. La ipertrofia normativa determina, a sua volta, un altro vulnus gravando il decisore giurisdizionale di un compito che costituzionalmente non gli compete e cioè quello di fornire la corretta interpretazione di un quadro normativo sovente inintellegibile piuttosto che dirimere il contenzioso sorto tra le parti. Proprio l'incapacità del legislatore di regolare gli interessi in gioco provoca sfiducia, e si è portati a non accettare le soluzioni della politica, anche quando essa tale bilanciamento riesce ad operare. Inoltre, la mancanza di chiarezza della decisione pubblica determina il trasferimento del conflitto al giudice. E così le controversie politiche diventano giuridiche, anzi giudiziarie, ed il giudice rischia di essere il decisore pubblico di ultima istanza, chiamato a pronunciarsi non sulla legittimità dei provvedimenti sottoposti al suo esame, ma sul conflitto politico e sociale che è sotteso alla controversia esaminata. In un certo senso, non è il giudice a fare politica; è la politica che demanda al giudice la composizione del conflitto fra valori, mentre il segmento della società che non accetta la scelta politica, rinuncia a combatterla sul terreno che le è proprio e la riversa sulla giurisdizione.
La medicina alla patologia sopra descritta non può certo trovarsi nella ricetta di chi chiede l'arretramento dello Stato a favore di una delegificazione e autoregolamentazione, tutt'altro.Quella che oggi a gran forza come Ance torniamo a chiedere non è una puntata sul rosso o sul nero sul tema che precede, ma un posizionamento finalmente decisivo per il futuro del Paese ed, a cascata, anche del nostro settore. Così non fosse il recente caso della multinazionale Catalent potrebbe non essere isolato ma assurgerebbe a paradigma rappresentativo del futuro prossimo sia per gli investitori stranieri che per gli imprenditori italiani.
(*) Vicepresidente Ance con delega ai lavori pubblici