Personale

Anche le Unioni di comuni devono applicare le nuove regole sulle assunzioni

Sono le conclusioni a cui giunge la Corte dei conti per la Lombardia porta con sé implicazioni operative estremamente complesse

di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

Le nuove regole assunzionali introdotte dall'articolo 33, comma 2, del decreto legge 34/2019 e dal Dm attuativo 17 marzo 2020 si applicano anche alle Unioni di Comuni, sostituendo anche per le forme associate le vecchio regole del turn over. Sono queste le conclusioni a cui giunge la Corte dei conti per la Lombardia con la deliberazione n. 109/2020, nella quale, rispondendo al quesito di un Comune, si ritiene che le novità apportate dal nuovo sistema di calcolo degli spazi assunzionali siano da intendersi su un piano sistematico, a tal punto da superare la lettera della fonte legale.

In sostanza secondo i magistrati lombardi il fulcro del ragionamento, per le Unioni, va ricercato nell'articolo 32, comma 5, del Dlgs 267/2000, che stabilisce il noto principio per cui sono i Comuni a conferire alla forma associata le risorse umane e strumentali necessarie all'esercizio delle funzioni loro attribuite, «fermi restando i vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di personale». Da ciò discende che la nuova disciplina che regola la capacità di assumere dei Comuni deve intendersi sostitutiva, alla luce del disposto generale del Testo unico, della norma che oggi regola, in via specifica, la capacità assunzionale delle Unioni, ovvero il comma 229 della legge 208/2015.

Quest'ultimo attribuisce alle forme associate un turn over pari al cento per cento dei cessati dell'anno precedente, regola che per le Unioni vale fin dal 2016 e che è stata successivamente estesa, rileva la Corte, dal 2019 e fino all'entrata in vigore della nuova disciplina basata sulla sostenibilità finanziaria, anche ai Comuni. Motivo in più per ritenere, secondo la delibera, che le Unioni debbano seguire i Comuni, nel loro destino assunzionale, «sia in caso di prescrizione restrittiva (…), sia di prescrizione espansiva».

Conclude inoltre, la Cortedei conti, chiarendo al Comune che, visto quanto sopra, anche nel cedere la propria capacità di assumere alla forma associata, secondo lo spirito del Tuel, si dovrà far riferimento a quella determinata alla luce dei nuovi calcoli del Dm 17 marzo 2020.

La pronuncia, evidentemente, ha effetti detonanti. Finora si è ritenuto, piuttosto unanimemente, che la chiara disposizione dell'articolo 33 comma 2, che soggettivamente individua in effetti i soli Comuni tra i suoi destinatari, portasse all'esclusione delle altre tipologie di enti locali, tra cui le Unioni, dal novero degli enti assoggettati alla nuova regola.

Non solo, la non abrogazione del comma 229, e la considerazione che il legislatore ha mostrato in passato di saper distinguere nella regolazione delle facoltà dell'una e dell'altra tipologia di ente, rafforzava la considerazione.

Ma c'è di più: sebbene questo aspetto, giustamente, non rilevi ai fini dell'analisi giuridica e sistematica della Corte, la scelta di estendere l'applicazione delle nuove regole alle Unioni porta con sé implicazioni operative estremamente complesse.

Non è affatto chiaro ad esempio, imboccata questa strada, come effettuare il calcolo degli spazi assunzionali delle Unioni alla luce delle assai variegate configurazioni dotazionali di quella tipologia di ente, tra forme associate che dispongono solo di personale proprio, altre che beneficiano di solo personale comandato dai Comuni aderenti, e altre ancora in regimi misti.

Non solo, spesso le Unioni, cui i Comuni associati trasferiscono quasi sempre solo quota parte delle funzioni, hanno valori sbilanciati, perfino distorti, tra spesa ed entrate: si pensi al caso di Unioni che sono sorte per la gestione della Polizia locale, alle quali in termini di entrate solitamente competono gli accertamenti per violazioni al codice della strada.

Inoltre appare assai complesso garantire il rispetto di un principio, anch'esso contenuto nell'articolo 32, comma 5, del decreto legislativo 267/2000, e richiamato dalla stessa delibera in esame, ovvero quello della realizzazione di progressivi risparmi di spesa in materia di personale: il nuovo regime assunzionale nasce, per i comuni (o forse ora si direbbe per gli enti) "virtuosi", proprio al fine di consentire un incremento della spesa di personale, in armonia con l'incremento delle entrate correnti.

In sostanza la delibera svela nuove criticità applicative, in un contesto nel quale si fatica sempre più a trovare una via interpretativa chiara.

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