Il CommentoAmministratori

Antitrust, per i servizi locali serve un nuovo Testo unico

di Stefano Pozzoli

La segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato inviata al Presidente Draghi dedica l'intera parte terza al mondo dei servizi pubblici locali. Inutile dire che la segnalazione è un documento da leggere con attenzione perché esprime il punto di vista della Autorità in un momento in cui, in vista del Recovery, un impegno del Governo è proprio quello di procedere a riforme di orizzonte comunitario.

Andiamo sul tema. L'Agcm osserva che c'è, tuttora, una superfetazione normativa, spesso stratificata e incoerente, a cui occorre porre rimedio. Da qui la richiesta di un nuovo testo unico sui servizi pubblici locali che consenta di avere una «disciplina generale organica della materia, attraverso indicazione di principi generali per l'assunzione, la regolazione e la gestione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale» e che occorre «individuare chiaramente le modalità di affidamento di tali servizi, eliminando i regimi di esclusiva non conformi ai principi generali in materia di concorrenza e comunque non indispensabili per assicurare l'efficienza e la qualità del servizio».

Aggiornare le disposizioni in materia di servizi pubblici locali è senza dubbio necessario. Suggeriamo, però, di non ripetere le esperienze precedenti, che hanno portato a disposizioni sempre naufragate e comunque di poco rilievo. Si aggiornino le disposizioni di settore, in particolare quelle riguardanti i servizi a rete, magari facendo confluire anche il trasporto pubblico locale nel codice dell'ambiente e si releghi tutto il resto al Tusp, senza avere la falsa ambizione di individuare un settore, quello dei servizi pubblici locali, che sotto il piano industriale non esiste.

Altro tema su cui Agcm interviene è proprio il Tusp, al quale riconosce il merito di aver determinato una riduzione del numero delle partecipate: «ha dato una forte spinta a tale processo, riconducendo, per la prima volta, a un unico corpus normativo la disciplina delle società pubbliche, al fine di assicurare — tra gli altri — i principi di tutela e promozione della concorrenza». «Si tratta, tuttavia, di un processo che nel tempo ha perso vigore a causa di taluni interventi legislativi che hanno indebolito il disegno iniziale e delle inerzie nella fase attuativa; soprattutto a livello locale, ove si registrano resistenze e difficolta nell'affrontare razionalizzazioni complesse». È vero, ma probabilmente la soluzione non sono le sanzioni quanto gli incentivi e la corretta regolazione delle aggregazioni.

L'in house resta un cruccio, per l'Agcm, anche sotto il profilo, per così dire, elusivo: «è altresì frequentemente emerso l'acquisto da parte degli enti locali di partecipazioni di minoranza in società interamente pubbliche, al fine di un successivo, ma eventuale, affidamento in house di servizi».

Per Agcm è necessario «introdurre un generale onere motivazionale rafforzato in caso di affidamento del servizio in house, che dia conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, tenendo anche conto dei costi standard del servizio definiti dalle autorità indipendenti di settore» e in ogni caso «prevedere che la durata degli affidamenti sia ispirata a criteri di proporzionalità e giustificata sulla base di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie».

Sarebbe opportuno, in effetti, ridefinire con accuratezza motivazione e congruità dei valori dell'in house, così da evitare problemi alle società in house, ridurne le penalizzazioni che vi sono sul loro funzionamento e, al tempo stesso evitare comportamenti opportunistici. In questo senso le linee guida Anac , se, opportunamente integrate, potrebbero essere un utile strumento.