Appalti, contratto inefficace se non si rispetta lo «stand still» di 35 giorni
Ma il Dl Semplificazioni (Dl 76/2020) consente la consegna in via d'urgenza prima della stipula
Il mancato rispetto da parte della stazione appaltante dello standstill – cioè il divieto di stipulare il contratto prima che siano trascorsi almeno 35 giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione – costituisce una grave violazione delle norme procedurali dettate per la conclusione del contratto. Conseguentemente, ai sensi della specifica previsione contenuta nel Codice del processo amministrativo, la violazione della clausola di standstill ha effetti sul contratto stipulato. Tali effetti, tuttavia, non possono tradursi in termini di nullità del contratto quanto piuttosto, coerentemente con i poteri tipici del giudice ammnistrativo, danno luogo all'inefficacia del contratto medesimo, con efficacia retroattiva, tenuto conto dell'interesse del ricorrente a subentrare nel medesimo e a eseguire le prestazioni residue.
Sono questi i principi sanciti dal Tar Lazio, Sez. I quater, 1 luglio 2021, n. 7786, che offrono una lettura autentica delle modalità di funzionamento dello standstill, chiarendo gli effetti che conseguono al mancato rispetto della relativa previsione. La pronuncia affronta anche il tema della modificabilità dei raggruppamenti temporanei non solo in fase esecutiva ma anche in sede di gara, riprendendo gli orientamenti giurisprudenziali che si sono recentemente consolidati dopo interpretazioni non sempre univoche.
Il fatto
All'esito di una procedura aperta per l'affidamento della gestione delle residenze universitarie e degli uffici amministrativi l'ente appaltante aveva disposto l'aggiudicazione definitiva in favore di un raggruppamento temporaneo di imprese, dopo aver autorizzato il subentro di un soggetto esterno a una originaria mandante e aver archiviato il procedimento di esclusione precedentemente avviato.
Alla base di questo provvedimento l'ente appaltante esponeva articolate motivazioni. Sotto il profilo della presunta irregolarità della posizione fiscale di una mandante, veniva precisato che successivamente allo svolgimento della procedura di gara era stata acquisita la certificazione dell'Agenzia delle Entrate attestante la regolarità fiscale del concorrente. Di conseguenza, l'originaria posizione di irregolarità risultante dal sistema Avcpass doveva ritenersi irrilevante, dovendosi considerare superata dai successivi riscontri operati in sede di verifica dei requisiti e avendo la certificazione rilasciata dall'Agenzia delle Entrate carattere vincolante nei confronti dell'ente appaltante.
Sotto altro profilo, il medesimo ente appaltante rilevava che l'autorizzazione al subentro di altro soggetto alla mandante originaria doveva essere valutata tenendo anche conto che il soggetto subentrante aveva stipulato un contratto di affitto di azienda con la mandante originaria, interessata da un procedimento di concordato preventivo.
Anche alla luce di tale peculiarietà, l'ente appaltante riteneva che il principio dell'immodificabilità del raggruppamento andasse bilanciato con le specifiche previsioni contenute all'articolo 48 del D.lgs. 50/2016 che, anche a seguito delle modifiche introdotte dal D.lgs. 56/2017, consentirebbero – anche in fase di gara - la sostituzione di una mandante in concordato preventivo con altro soggetto.
Il provvedimento dell'ente appaltante è stato impugnato davanti al giudice amministrativo dal concorrente secondo classificato. Il motivo fondamentale alla base del ricorso era costituito dalla ritenuta illegittimità dell'autorizzazione al subentro all'originaria mandante di un nuovo soggetto estraneo al raggruppamento. Tale subentro avrebbe infatti carattere elusivo, in quanto volto a superare in maniera illegittima l'intervenuta carenza dei requisiti di partecipazione in capo all'originaria mandante (e quindi al raggruppamento nel suo complesso).
La modificabilità del raggruppamento temporaneo
La questione centrale sotto il profilo sostanziale che il giudice amministrativo ha dovuto affrontare è dunque quella dell'ammissibilità delle modifiche soggettive dei raggruppamenti temporanei in sede di gara.
Al riguardo, il Tar Lazio ricorda che, dopo un lungo periodo di contrasti giurisprudenziali, è recentemente intervenuta una pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 27 maggio 2021 che sembra aver offerto una soluzione alla questione.
Secondo questa pronuncia le previsioni contenute nell'articolo 48 – in particolare ai commi 17, 18 e 19 ter – consentono la sostituzione di un componente del raggruppamento esclusivamente "interna", cioè solo con altro componente del medesimo raggruppamento in possesso dei necessari requisiti, ed esclusivamente nelle ipotesi di fallimento o altra procedura concorsuale cui sia sottoposto l'originario componente ovvero per ragioni legate a esigenze riorganizzative del raggruppamento.
Al contrario non può considerarsi ammessa la sostituzione "esterna", cioè con un soggetto estraneo all'originaria composizione del raggruppamento, né con riferimento alla mandataria né con riferimento alla mandante. Una sostituzione di questo tipo – definita "per addizione" – rappresenterebbe infatti una deroga non consentita al principio di libera concorrenza, perché permetterebbe che la prestazione oggetto dell'affidamento sia eseguita da un soggetto che non ha partecipato alla gara. Detto in termini diversi, il rigoroso rispetto del principio di concorrenza impone che il soggetto che ha partecipato alla gara presentando l'offerta non sia diverso da quello che viene valutato dalla stazione appaltante e eventualmente si aggiudica la gara, non essendo ammissibile che nella fase tipicamente pubblicistica di svolgimento della procedura si alteri il suddetto principio consentendo una modifica dell'offerente.
In applicazione di quanto affermato dall'Adunanza Plenaria il giudice amministrativo conclude che nel caso di specie l'autorizzazione al subentro che la stazione appaltante ha rilasciato a favore di un soggetto estraneo al raggruppamento deve considerarsi illegittima, a nulla rilevando che l'impresa subentrante aveva precedentemente stipulato un contratto di affitto di azienda con l'originaria mandante.
Di conseguenza, anche il successivo provvedimento di aggiudicazione deve ritenersi illegittimo.
Il mancato rispetto dello standstill
Una volta accertata l'illegittimità dell'aggiudicazione il giudice amministrativo si è dovuto pronunciare sulla domanda del ricorrente che chiedeva l'accertamento dell'invalidità o la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato, nonché il risarcimento del danno preferibilmente in forma specifica, cioè mediante il subentro nel suddetto contratto.
Sul punto il Tar Lazio ricorda che la stessa Adunanza Plenaria nella pronuncia sopra citata ha fatto riferimento, sia pure in via incidentale, a una presunta nullità del contratto conseguente all'accertamento dell'illegittimità della relativa aggiudicazione.
Secondo il Tar Lazio questo riferimento non è corretto. Occorre infatti evidenziare che gli articoli 120 e 121 del Codice del processo amministrativo (D.lgs. 104/2010) stabiliscono che il giudice amministrativo, quando annulla l‘aggiudicazione, debba o possa (a seconda dei casi) dichiarare l'inefficacia del contratto di appalto. Quest'ultimo deve quindi muoversi nell'ambito dei poteri che il legislatore gli ha conferito, che non ricomprendono la dichiarazione di nullità del contratto.
Ciò detto, va accertato se nel caso di specie ricorra una delle ipotesi in cui giudice ammnistrativo deve (o può) dichiarare l'inefficacia del contratto di appalto, essendo stata preventivamente accertata l'illegittimità dell'aggiudicazione.
A questo proposito occorre considerare che l'articolo 121 del Codice del processo amministrativo prevede una serie di ipotesi che costituiscono gravi violazioni da parte dell'ente appaltante in cui il giudice amministrativo dichiara (leggi, deve dichiarare) l'inefficacia (totale o parziale) del contratto.
Tra le gravi violazioni vi è quella indicata alla lettera c) del comma 1, cioè l'avvenuta stipula del contratto da parte dell'ente appaltante senza rispettare il termine dilatorio di 35 giorni decorrenti dall'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione, previsto dall'articolo 32, comma 9 del D.lgs. 50/2016. Questa violazione comporta la declaratoria di inefficacia del contratto ogniqualvolta essa abbia privato il ricorrente della possibilità di tutelare la propria posizione prima della stipulazione del contratto e abbia influito sulle sue possibilità di ottenere l'affidamento. Condizione che in realtà appare abbastanza comune, nel caso di mancato rispetto dello standstill.
Rispetto a questa regola di carattere generale, il comma 2 dell'articolo 121 prevede quale eccezione che il contratto resti comunque efficace qualora ciò sia imposto da esigenze imperative connesse a un interesse generale, che rendono evidente la necessità di continuare ad avvalersi delle prestazioni dell'originario contraente.
Nel caso di specie la violazione dello standstill risulta evidente, poiché il contratto è stato stipulato lo stesso giorno della comunicazione del provvedimento di aggiudicazione alla parte controinteressata (l'attuale ricorrente), che non ha quindi potuto impugnare il provvedimento lesivo anche con l'obiettivo di impedire, attraverso il ricorso all'istanza cautelare, la stipulazione del contratto e l'inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni.
La conseguenza è che il contratto stipulato deve essere dichiarato privo di efficacia con effetto retroattivo, tenuto conto dell'interesse della ricorrente a eseguire le prestazioni. Sotto quest'ultimo profilo l'interesse risulta rafforzato dal fatto che si tratta di un contratto di durata biennale, con opzione di rinnovo per ulteriori due anni, che risulta essere ancora in una fase esecutiva iniziale.
Viene quindi confermata la necessità di rispettare lo standstill, considerate le gravi conseguenze che, almeno di regola, derivano dalla violazione del termine dilatorio di 35 giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione. Occorre peraltro rilevare che la tutela che il legislatore ha inteso introdurre con lo standstill appare oggi parzialmente depotenziata a seguito della previsione contenuta nel Decreto legge 76/2020 (primo Decreto semplificazioni) che sembra consentire in via ordinaria di procedere alla consegna in via d'urgenza prima della stipula del contratto.