Appalti

Appalti divisi in più lotti, la Pa non deve giustificare la scelta di prevedere (o meno) un tetto di aggiudicazioni

Consiglio di Stato: è una facoltà dell'ente. Va motivata soltanto la scelta di non suddividere la commessa

di Roberto Mangani

Ai fini della suddivisione in lotti di un appalto unitario, l'obbligo di motivazione in capo all'ente appaltante sussiste solo con riferimento alla scelta di non procedere a detta suddivisione. Al contrario, nessun obbligo di motivazione ricorre per ciò che concerne le concrete modalità con cui l'ente appaltante ha inteso procedere alla suddivisione, una volta che abbia optato per questa soluzione. Tali modalità – a prescindere dalla motivazione preventiva – devono ritenersi legittimamente definite nella misura in cui non appaiano manifestamente irragionevoli, e siano quindi da ritenersi in linea con i principi generali di trasparenza e concorrenzialità.

Infine, la previsione nel bando di gara di un vincolo di aggiudicazione - inteso come la fissazione di un numero massimo di lotti di cui i concorrenti possono rendersi aggiudicatari – costituisce una mera facoltà dell'ente appaltante, che come tale non necessita anch'essa di una specifica motivazione.

Sono queste le più rilevanti affermazioni contenute nella pronuncia del Tar Veneto, 1 aprile 2021, n. 419, che contribuiscono a fare il punto sul tema della suddivisione in lotti di un appalto unitario, da sempre dibattuto e oggetto di interpretazioni non sempre uniformi.
Il fatto. Una centrale di committenza aveva proceduto all'indizione di una gara aperta per l'affidamento dei servizi integrati per la gestione e assistenza tecnica delle apparecchiature biomediche a favore di una pluralità di aziende sanitarie della regione Veneto.

La gara aveva un importo complessivo molto elevato – circa 241 milioni di euro – ed anche in relazione a tale rilevanza economica era stata suddivisa in 7 lotti territoriali e funzionali, che tenevano conto dell'ambito territoriale di riferimento ai fini di un'adeguata organizzazione e gestione dei servizi.

Sei dei sette lotti venivano aggiudicati al medesimo concorrente, mentre il settimo lotto a un altro operare. Un terzo concorrente, che si era classificato al terzo posto in relazione a tutti e sette i lotti, proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo, chiedendo l'annullamento dell'aggiudicazione e più in generale di tutti gli atti della procedura di gara.

I motivi di ricorso
Il motivo fondamentale del ricorso è incentrato sulla suddivisione in lotti e sulle relative modalità, rispetto alla quale il ricorrente ha mosso una serie di censure.
La prima censura ha riguardato il fatto che la centrale di committenza avrebbe individuato macro lotti di importo molto elevato e per di più riguardanti una pluralità di aziende sanitarie. Quest'ultima scelta doveva considerarsi irragionevole, anche in considerazione della notevole dimensione territoriale di molte di tali aziende.
Se a ciò si aggiunge che il bando di gara non prevedeva alcun vincolo di aggiudicazione, l'impostazione complessiva della gara avrebbe determinato una grave distorsione della concorrenza, limitando l'accesso allo specifico mercato a un numero ristretto di operatori per un periodo di tempo prolungato.
In particolare, sempre secondo il ricorrente, la centrale di committenza avrebbe dovuto ripartire ogni lotto individuato in almeno due lotti, così da garantire la più efficiente gestione del servizio nel territorio, secondo un'articolazione dimensionale maggiormente aderente alle caratteristiche del servizio stesso, tenuto anche conto dell'elevato numero di apparecchiature mediche oggetto del medesimo.

La scelta dell'accorpamento in un unico lotto di una pluralità di aziende sanitarie sarebbe quindi da considerare illegittima, anche alla luce della circostanza che la centrale di committenza non avrebbe accompagnato tale scelta con un'adeguata motivazione. Nello specifico, non sarebbe stato operato alcun approfondimento istruttorio idoneo a dimostrare che la dimensione dei lotti individuati fosse effettivamente più efficiente rispetto a quella incentrata su ogni singola azienda sanitaria.

In definitiva, l'impostazione seguita avrebbe creato i presupposti per la formazione di un mercato ristretto il cui accesso sarebbe stato limitato a pochi operatori del settore, con il conseguente venir meno dei benefici proconcorrenziali legati alla suddivisone in lotti.
Il termine per la proposizione del ricorso. Il giudice amministrativo ha affrontato in primo luogo una questione preliminare. Secondo l'ente appaltante il ricorso andava considerato irricevibile in quanto la censura mossa presupponeva l'impugnazione immediata del bando.
Questa obiezione è stata respinta dal giudice amministrativo, che ha osservato come la ritenuta illegittima modalità della suddivisione in lotti non avrebbe determinato alcuna impossibilità o comunque particolare difficoltà della ricorrente a partecipare alla gara. Ne consegue che le previsioni del bando relative a tale suddivisione non potevano essere considerate immediatamente lesive della posizione del ricorrente, e quindi non erano soggette a impugnazione immediata.

La suddivisione geografica dei lotti e l'obbligo di motivazione
Come detto l'ente appaltante aveva proceduto a una suddivisione in lotti secondo un criterio meramente geografico, accorpando quindi nel medesimo lotto una pluralità di aziende sanitarie, anche di notevoli dimensioni. Secondo il ricorrente questa modalità doveva ritenersi illegittima in quanto avrebbe determinato una eccessiva restrizione della concorrenza.
Nell'affrontare questa obiezione il giudice amministrativo ricorda in primo luogo che il profilo della suddivisione in lotti trova la sua regolamentazione specifica nell'articolo 51 del D.lgs. 50/2016.

La relativa disciplina è finalizzata essenzialmente alla tutela delle piccole e medie imprese, garantendo un più agevole accesso delle stesse alle procedure di gara. Tuttavia la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente sottolineato che la suddivisione in lotti, pur assolvendo a questa finalità di garanzia e di massima tutela della concorrenza, non costituisce un precetto inderogabile, né può comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui le stazioni appaltanti godono nel definire oggetto e dimensioni della gara.
In questo senso l'individuazione di lotti strettamente geografici – ancorchè ognuno comprendente una pluralità di aziende sanitarie – deve considerarsi in linea con la disciplina dell'articolo 51, avendo l'ente appaltante strutturato la gara in maniera da consentire comunque la partecipazione ai singoli lotti di una platea vasta di concorrenti. L'obbligo di suddivisione in lotti si deve quindi ritenere essere stato assolto dall'ente appaltante, senza che fosse necessaria una particolare motivazione in ordine alle modalità attraverso cui la suddivisione era stata strutturata, considerando comunque che la stessa non risultava illogica o irrazionale.

Sotto quest'ultimo profilo il giudice amministrativo ha evidenziato che, ai sensi delle specifiche previsioni dell'articolo 51, la motivazione, cui deve corrispondere un'adeguata istruttoria, è necessaria solo nel caso in cui l'ente appaltante decida di derogare al principio della suddivisione in lotti, ma non in relazione alle modalità prescelte per procedere a detta suddivisione.

Ciò non esclude che la questione in merito alla ritenuta irragionevolezza o illogicità delle modalità di strutturazione della gara può comunque porsi a prescindere dalla sussistenza di uno specifico obbligo di motivazione sancito dall'articolo 51, e ciò in virtù dei principi generali di trasparenza, par condicio e concorrenzialità. In questo senso la strutturazione della gara può ritenersi legittima, sia pure in mancanza di un'articolata e puntuale motivazione, qualora dalla stessa emerga che la valutazione operata dall'ente appaltante non sia manifestamente illogica o lesiva della concorrenza.
Sotto quest'ultimo profilo il giudice amministrativo ricorda che le modalità della suddivisione in lotti sono legate a valutazioni di natura tecnico – economico, nell'ambito delle quali il concreto esercizio del potere discrezionale dell'ente appaltante deve essere coerente con un bilanciamento complessivo degli interessi pubblici e privati coinvolti e con i principi generali di ragionevolezza e proporzionalità.

Nel caso di specie questo criterio è stato correttamente adottato dall'ente appaltante, che ha equamente bilanciato l'interesse alla più ampia apertura alla concorrenza con le caratteristiche tecniche ed economiche dello specifico appalto.
D'altra parte, al fine di censurare le scelte operate dall'ente pubblico in sede di criteri della suddivisione in lotti, il concorrente deve dimostrare l'incidenza lesiva che tali scelte hanno causato in relazione alla sua concreta possibilità di partecipare alla gara.

Il vincolo di aggiudicazione
L'altro punto oggetto di contestazione da parte del ricorrente riguardava la mancata previsione nel bando di gara del così detto vincolo di aggiudicazione, cioè il divieto per ogni concorrente di rendersi affidatario di singoli lotti oltre un numero predefinito.
Secondo il giudice amministrativo la fissazione di questo limite rappresenta una mera facoltà dell'ente appaltante ai sensi dell'articolo 51, cosicchè la sua mancata previsione non può di per sé rappresentare un'illegittimità nella fomulazione delle regole della gara, censurabile in sede giurisdizionale. Né l'ente appaltante è obbligato ad articolare alcuna particolare motivazione in merito alla scelta se introdurre o meno il vincolo di aggiudicazione, dovendo semplicemente tale scelta risultare ispirata ai criteri di ragionevolezza e non distorsiva della concorrenza.

Al contrario, la motivazione deve essere richiesta proprio per l'ipotesi opposta, in cui tale vincolo viene introdotto nell'ambito della gara, poiché in astratto la piena operatività del vincolo potrebbe comportare per alcuni lotti l'affidamento a condizioni peggiorative rispetto a quelle offerte dal mercato (giacchè non si premia l'offerta in assoluto migliore, ma quella che risulta migliore tra quelle che non sono risultate già aggiudicatarie di altri lotti).

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