Appalti

Appalti, niente revisione prezzi in caso di proroga: ma con il nuovo codice si cambia

Una sentenza del Tar Lazio permette di fare luce tra vecchio e nuovo regime in caso di prolungamento dei contratti

di Roberto Mangani

La proroga del contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione di un servizio pubblico può essere disposta anche per un periodo che va significativamente oltre il termine previsto dalla relativa clausola contrattuale, fino alla conclusione della procedura di selezione del nuovo affidatario cui la proroga stessa deve essere finalizzata. La proroga avviene alle medesime condizioni del contratto originario, anche economiche, che non possono essere modificate neanche per tenere conto del significativo incremento dei costi in capo all'appaltatore intervenuto rispetto al momento della presentazione dell'offerta.

Si è espresso in questo senso il Tar Lazio, Sez. II bis, 30 maggio 2023, n. 9167, con una pronuncia in cui il tema della proroga del contratto di appalto viene analizzato da una prospettiva diversa da quelle più comune: non sono gli operatori del settore a contestare la legittimità della proroga da parte dell'ente appaltante, ma è l'affidatario a muovere riserve in relazione alla proroga disposta, sul presupposto che le condizioni economiche originarie non sono più remunerative nel periodo di proroga. Queste obiezioni si intrecciano dunque con la più ampia tematica della revisione prezzi, e sotto questo profilo può essere utile analizzare se e in che misura la questione sollevata può trovare una diversa valutazione alla luce delle novità introdotte dal Dlgs 36/2023.

Il fatto
Un ente locale aveva affidato un appalto avente ad oggetto il servizio di igiene urbana integrata, per una durata di cinque anni. Alla scadenza del contratto l'ente, con apposite determinazioni dirigenziali, aveva proceduto a tre successive proroghe tecniche, fino all'assunzione del servizio da parte del nuovo affidatario individuato con la nuova gara e al fine di garantire, nel periodo necessario al completamento di tale gara, la continuità della regolare esecuzione del servizio pubblico in quanto servizio essenziale, in conformità all'articolo 97 della Costituzione. Nelle determinazioni veniva altresì precisato che durante il periodo di proroga rimanevano ferme tutte le condizioni previste dal contratto iniziale, comprese quelle di natura economica.

Il ricorso dell'appaltatore
Le determinazioni venivano impugnate dall'appaltatore davanti al giudice amministrativo. In sede di ricorso veniva in primo luogo ricordato che il contratto di appalto prevedeva che qualora alla scadenza naturale non fosse stata completata la procedura di gara per la selezione del nuovo affidatario, l'appaltatore originario avrebbe dovuto assicurare la continuità del servizio fino al subentro del nuovo operatore, precisandosi che nel limite massimo di sei mesi rimanevano ferme tutte le condizioni del contratto originario. In realtà la seconda e la terza proroga disposte andavano oltre il limite dei sei mesi. Di conseguenza tali proroghe sarebbero lesive della posizione dell'appaltatore in quanto, prolungandosi oltre il periodo contrattualmente previsto e non modificandosi le condizioni economiche, lo svolgimento del servizio diveniva antieconomico per l'appaltatore, a causa degli oneri aggiuntivi specie in termini di assunzione di personale.

Il ricorrente richiedeva quindi l'annullamento di tali Determinazioni dirigenziali nella parte in cui imponevano la continuazione del servizio alle medesme condizioni economiche del contratto originario, e contestualmente la condanna dell'ente locale al risarcimento/indennizzo di tutti i maggiori oneri e costi sostenuti dall'appaltatore nel periodo della seconda e terza proroga. A sostegno della sua domanda il ricorrente ricordava la testuale previsione contenuta all'articolo 106, comma 11 del Dlgs 50/2016, che nel consentire la proroga la limita per il tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente, e solo entro tali limiti temporali impone all'appaltatore l'obbligo di continuare a eseguire le prestazioni agli stessi prezzi, patti e condizioni del contratto originario.

La decisione del Tar Lazio
Il giudice amministrativo ha affrontato in via preliminare la questione della giurisdizione. Infatti, trattandosi di un atto di proroga che agisce su un contratto in essere, poteva astrattamente sorgere il dubbio che competente a pronunciarsi sulla relativa controversia fosse il giudice ordinario. In realtà il giudice amministrativo rivendica la propria competenza sul presupposto che la proroga è espressione di un potere di natura pubblicistica, che non si esercita secondo parametri di natura negoziale e consensuale, poiché l'appaltatore è in una posizione di soggezione rispetto a tale esercizio. Da qui la competenza del giudice amministrativo.

Nel merito, il Tar Lazio ha respinto il ricorso. In primo luogo ricorda che la giurisprudenza ha più volte affermato che la proroga dei contratti di appalto può essere accordata per un periodo di tempo predeterminato e limitato, e il relativo potere deve essere esercitato in modo espresso e con adeguata motivazione. Nel caso di specie le tre proroghe intervenute erano tutte finalizzate a consentire il completamento della gara per la scelta del nuovo affidatario, al fine di assicurare continuità a un servizio pubblico essenziale, elemento di per sé meritevole di adeguata tutela.

Ciò comportava, quale effetto naturale e imprescindibile, la prosecuzione del servizio da parte dell'attuale appaltatore, fino a che non si fosse verificata la condizione cui le proroghe erano finalizzate (subentro del nuovo appaltatore). E ciò mantenendo fermi patti e condizioni previsti nel contratto originario. Quanto alla durata della proroga, se è vero che il contratto originario prevedeva un termine massimo che era stato oltrepassato dalla seconda e terza proroga, è altrettanto vero che la norma primaria – cioè l'articolo 106, comma 11 del Dlgs 50 – finalizza la proroga al riaffidamento del contratto, senza indicare alcuna durata massima della stessa.

In sostanza, secondo il giudice amministrativo l'unico elemento determinante per stabilire la corretta durata della proroga è legato all'avvenuta selezione del nuovo affidatario che deve subentrare nello svolgimento del servizio.

La stessa disposizione precisa che nel periodo di proroga restano fermi patti e condizioni del contratto originario. Più in generale, lo stesso articolo 106 prevede in maniera tassativa i casi in cui è possibile, durante l'esecuzione del contratto, procedere a una revisione o adeguamento delle condizioni economiche. E certamente tra queste non vi è la durata del contratto oltre il termine originariamente stabilito. La conclusione del ragionamento è netta: le proroghe del contratto sono legittime laddove le stesse siano necessarie per l'individuazione e il subentro del nuovo affidatario.

L'unico limite posto è che nel definire la proroga siano rispettati i criteri generali di buona fede e ragionevolezza. Nel caso specifico tali criteri si devono intendere assolti. In particolare, con specifico riferimento al criterio della buona fede, risulta che l'ente appaltante non si sia reso colpevole di negligenza o inerzia, non ravvisandosi quindi gli elementi per configurare una responsabilità allo stesso imputabile, idonea a far sorgere un obbligo di indennizzo dei maggiori costi sopportati dall'affidatario del servizio nel periodo di proroga.

Sotto quest'ultimo profilo, il giudice amministrativo evidenzia che l'affidamento del servizio comporta comunque per l'appaltatore l'assunzione di un rischio di impresa, che ricomprende anche l'eventualità di sopportate costi più elevati di quelle originariamente preventivati. In realtà quest'ultima considerazione non convince del tutto. Che al contratto di appalto sia connaturata una certa alea cui corrisponde l'assunzione di un rischio di impresa in capo all'appaltatore è dato consolidato. Tuttavia, da un lato ciò non esclude che vi siano meccanismi di riequilibrio contrattuale qualora il rischio superi una certa soglia; ma soprattutto, nel caso di specie l'elemento dirimente è rappresentato dal fatto che la durata del contratto è andata ben oltre quella originariamente pattuita, e sulla base della quale l'appaltatore ha formulato la propria offerta e quindi fatto proprie le condizioni contrattuali. In sostanza, evocare l'ordinario rischio di impresa in relazione a una situazione che ha dei profili di straordinarietà – durata del contratto oltre il termine naturale – sembra attribuire all'elemento rischio un significato e un ambito che vanno oltre quelli che gli sono propri.

Le disposizioni del nuovo Codice
Il Dlgs 36/2023 introduce alcune disposizioni in tema di revisione prezzi, destinate ad avere riflessi anche in relazione alle fattispecie come quella esaminata. La prima disposizione è contenuta all'articolo 60, che prevede l'obbligatorio inserimento nei documenti di gara – e quindi nel futuro contratto – di clausole di revisione prezzi. Queste clausole devono prevedere l'attivazione del meccanismo revisionale a fronte del verificarsi di determinate condizioni di natura oggettiva che implichino una variazione dei costi in misura superiore al 5 % dell'importo complessivo del contratto. La definizione del contenuto specifico di queste clausole è lasciata all'autonomia dei singoli enti appaltanti.

È tuttavia ragionevole ritenere che tra le circostanze di natura oggettiva che danno luogo all'applicazione del meccanismo revisionale vi possa essere anche la proroga del contratto in essere per un periodo di tempo superiore a un certo limite, sul presupposto che se tale periodo si prolunga eccessivamente – e quindi si allontana progressivamente il momento in cui è stata formulata l'offerta originaria - sia ragionevole rivedere il corrispettivo dell'appalto per far fronte a una situazione non prevista e che abbia eventualmente aggravato i costi dell'appaltatore. Questo approccio sembra confermato anche dalla seconda disposizione che viene il rilievo, contenuta all'articolo 9, che sancisce il principio generale di conservazione dell'equilibrio contrattuale.

In base a tale principio, nel caso di circostanze straordinarie e imprevedibili nonché estranee alla normale alea che alterano l'equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata – normalmente l'appaltatore – ha diritto alla rinegoziazione in buona fede delle condizioni contrattuali (comma 1). Il comma 5 prevede poi che questo principio trova espressione, tra l'altro, nell'inserimento nel contratto delle clausole di revisione prezzi ai sensi dell'articolo 60 sopra ricordato. E in questo senso sembra si possa chiudere il cerchio, trovando spazio la possibilità che tali clausole – anche alla luce del principio generale dell'articolo 9 – possano riguardare anche l'ipotesi di proroga del contratto per un periodo sufficientemente lungo rispetto alla durata originaria.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©