Appalti, niente revoca dell’attestazione se la Soa non utilizza il certificato lavori falso
Nei complessi rapporti tra Autorità Anticorruzione, operatore economico e società organismo di attestazione si inserisce la recentissima sentenza del Tar Lazio ( n.9757/2018, Sezione Terza Stralcio), pubblicata il 5 ottobre scorso , che fissa un paletto importante su una questione vitale per l’impresa: la revoca o meno dell’attestazione Soa. Una sentenza che si conferma attuale anche se i fatti risalgono ad anni in cui era in vigore un diverso quadro regolatorio, e cioè il vecchio regolamento appalti del Dpr n.34/2000.
Anac: revoca dell’attestazione Soa
Tutto parte da un accertamento svolto nel 2006 dall’allora Avcp nei confronti di una impresa in possesso di una qualifica Soa (rilasciata il 5 ottobre del 2006). Secondo l’Autorità, l’attestazione era stata emessa «in assenza del requisito di cui all’articolo 17, comma 1, lettera “m” del Dpr 34/2000». L’attestazione, cioè, secondo gli ispettori dell’Avcp, era stata rilasciata sulla base di «false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione agli appalti e per il conseguimento dell'attestazione di qualificazione». In particolare, l’Autorità ha puntato il dito su un certificato di fine lavori, ritenuto «non veritiero» dagli ispettori dell’Autorità, rilasciato da un ente locale. A seguito dell’accertamento - che peraltro si era già svolto negli stessi termini in precedenza nei confronti della medesima impresa - l’Autorità revoca l’attestazione Soa all’impresa, la quale promuove un ricorso al Tar Lazio.
Tar Lazio: illegittima la revoca dell’attestazione
I giudici accolgono il ricorso dell’impresa, sottoscrivendo in pieno il principale motivo fornito dalla ricorrente, e cioè che «il certificato di fine lavori rilasciato dal Comune di Venosa, che l'autorità assume essere non veritiero, non sarebbe mai stato utilizzato ai fini dell'attribuzione della categoria OG1 da parte della Tecnosoa». Questo elemento è stato ovviamente fatto presente agli ispettori dell’Avcp, ma non è stato considerato: « meritano adesione - si legge nella sentenza - le censure con le quali si deduce che l'Autorità di Vigilanza ha adottato il provvedimento di revoca senza tener conto dell'esito dell'attività istruttoria svoltasi in contraddittorio tra il Servizio ispettivo, l'impresa ricorrente e la Tecnosoa Spa».
Il certificato falso, non basta che “esista”: va utilizzato
Gli ispettori hanno dato rilievo solo all’esistenza in quanto tale del certificato, nel quale hanno riscontrato profili di irregolarità, ma senza considerare il fatto che quel certificato non è stato utilizzato dalla Soa ai fini della qualificazione dell’impresa. «In particolare - si legge nella pronuncia - l'Autorità, nell'esaminare la documentazione relativa alla attestazione della categoria OG1, ha rinvenuto un certificato di esecuzione dei lavori rilasciato dal Comune di Venosa, per il quale il medesimo ente locale aveva comunicato che tale certificato non risultava conforme a quello a suo tempo rilasciato. Ciò premesso l'Autorità non ha tenuto conto del fatto che tale certificato non era stato considerato dalla Tecnosoa ai fini del rilascio della certificazione per l'attribuzione della categoria OG1, per cui l'attestazione del Comune era risultata del tutto ininfluente ai fini del rilascio del documento».
«Ciononostante - affonda il coltello il Tar Lazio - l'Autorità, con la delibera impugnata, ha ritenuto che la mera esistenza agli atti di tale certificazione, sebbene non utilizzata dall'organismo di attestazione ai fini del rilascio dell'attestato SOA, configurerebbe l'assenza del requisito di ordine generale di cui all'art. 17, comma 1, lett. m) del d.P.R. n. 34 del 2000 poiché, sebbene il rilascio della nuova attestazione sia avvenuto “sulla base di documentazione assolutamente diversa dalla precedente accertata come non veritiera”, non può ritenersi “sussistente la non imputabilità della falsità della documentazione ai fini della ricorrenza, ai sensi dell'art. 17, comma 1, lett. m) del d.P.R. n. 34 del 2000, del requisito di non avere reso false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione agli appalti e per il conseguimento della attestazione di qualificazione”».
Annullamento della revoca e condanna dell’Anac al pagamento delle sanzioni
Nella sentenza di parla di “nuova attestazione” in riferimento alla citata precedente revoca disposta dall’Anac, nei confronti della medesima impresa, e riferita all’attestazione rilasciata da un’altra Soa ma - ancora un volta - con al centro della questione il medesimo certificato irregolare del comune di Venosa. «In conclusione - ricapitolano i giudici - sulla base di quanto osservato, anche nella presente controversia, non risultano elementi che consentano di imputare la non veridicità della dichiarazione resa dal Comune di Venosa alla ricorrente, posto che l'attestazione della Tecnosoa - anche in questo caso - è stata rilasciata senza tenere conto del certificato proveniente dal predetto Ente locale. In altri termini, la certificazione in questione non è stata utilizzata ai fini del rilascio della attestazione, per cui manca (anche in questo caso) ogni nesso di causalità tra la produzione di tale certificazione e l'attestazione dei requisiti da parte della Tecnosoa». Infine, il Tar Lazio annulla la revoca dell’attestazione Soa e condanna l’Anac al pagamento delle spese di giudizio.
La pronuncia del Tar Lazio n.9757/2018