Appalti

Appalti, Unindustria: l’obiettivo è una maggiore qualità della spesa pubblica

Camilli:«La quota di appalti aggiudicata alle Pmi in Italia è al 14,35% contro una media Ue del 51% e una quota della Germania del 64%»

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di Giorgio Santilli

Torna ad accendersi il dibattito sul sistema degli appalti pubblici. A rilanciarlo - in chiave di politica industriale oltre che di regole - è Unindustria, associazione confindustriale delle imprese di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, con un evento che ha posto la priorità di una maggiore partecipazione delle Pmi al public procurement. Il presidente Angelo Camilli ha però rimarcato anche altre esigenze: la digitalizzazione dell’intero processo per garantire trasparenza ed efficienza; la qualificazione delle stazioni appaltanti, norma già presente nel codice appalti e mai attuata; la piattaforma digitale dei bandi di gara per garantire un più equo accesso alle informazioni; la necessità che le norme di legge abbiano attuazione immediata; la partecipazione di rappresentanti tecnici di stazioni appaltanti e imprese ai tavoli dove si scrivono le norme. Più in generale l’obiettivo è una maggiore «qualità della spesa pubblica». Camilli ha ricordato che «la quota di appalti aggiudicata alle Pmi in Italia è al 14,35% contro una media Ue del 51% e una quota della Germania del 64%». I vicepresidenti Fulvio Bianchi e Alberto Tripi hanno segnalato rispettivamente la soglia critica di un milione di euro sopra la quale le Pmi non vanno e il ruolo trainante dell’Itc, in chiave di modernizzazione dell’intero settore.

Dall’incontro sono arrivate numerose risposte. Luigi Ferraris, ad delle Fs, esalta l’integrazione dell’intera filiera sottolineando «il ruolo strategico» delle grandi imprese anche nel traino delle Pmi. «Nel 2020 - ha detto - il gruppo Fs ha sostenuto una spesa per fornitori di oltre 13 miliardi, di cui l’89% attribuibile a fornitori che generano reddito e opportunità di lavoro sul territorio. Il gruppo Fs aspira a trainare la filiera industriale, abilitando la competitività dei fornitori, anche in termini di sostenibilità». L’impegno di Fs va anche «a mitigare vincoli che potrebbero compromettere la riuscita del Pnrr, supportando gli appaltatori per ottenere anticipazioni contrattuali e rilascio delle garanzie previste dal codice appalti».

Il vicepresidente di Ance, Edoardo Bianchi, chiede trasparenza e pubblicità delle gare: serve un emendamento al Dl infrastrutture che obblighi le stazioni appaltanti, in casi di procedura negoziata, a pubblicare il bando. «Questo consentirebbe alle imprese di proporre la propria partecipazione in Associazione temporanea di impresa, che è invece esclusa se le carte le dà la stazione appaltante. Dobbiamo favorire una maggiore rotazione nell’affidamento dei contratti».

Attenzione, però, a non restare prigionieri di regole astratte: per l’ad di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi, non bastano norme che impongono sulla carta la riduzione dei tempi dei processi autorizzativi, ma serve sottoporre a verifica i risultati prodotti. «I tempi reali per approvare i progetti - ha detto - non sono i 90 giorni ipotizzati dalla norma ma 25 mesi».

Altro tema decisivo, la qualificazione delle stazioni appaltanti. Gustavo Piga (Tor Vergata) propone «la carriera professionale dell’acquirente pubblico» e contesta la governance attuale del sistema appalti. «Non serve - ha detto - la riduzione a 35 aggregatori su scala regionale. Piuttosto un percorso di aggregazione delle stazioni appaltanti a livello provinciale che consenta di soddisfare le esigenze del territorio». Una risposta è venuta dall’ad di Consip, Cristiano Cannarsa, forte della crescita progressiva degli importi messi in gara (18,2 miliardi nel 2021): «Per essere un centro di competenza, si devono avere flussi elevati di attività». Per il presidente di Anac, Giovanni Busia, servono l’allargamento dei confini regionali degli attuali aggregatori, specializzazione funzionale e competizione fra stazioni appaltanti.Il modello Leonardo è stato raccontato dal chief procurement officer della società, Giacinto Carullo:  al di là dei vincoli formali, servono programmi di crescita della supply chain, con particolare attenzione proprio alle piccole imprese.

Il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha ricordato di aver puntato molto sulla professionalizzazione delle stazioni appaltanti e ha annunciato che a giorni partirà la «Pnrr Academy», con lo scopo di formare i Rup. Sulle imprese, non basta il piccolo: serve il rafforzamento «delle medie e grandi imprese per formare nuovi campioni nazionali», fondamentali anche per trainare l’intera filiera.

Giovannini ha anche replicato al Sole 24 Ore che aveva raccontato la preoccupazione di alcuni commissari alle grandi opere per la mancanza di proprie strutture tecniche e le difficoltà di decollo della macchina del Pnrr. «Non ho mai ricevuto la lettera da parte dei commissari preoccupati», ha precisato il ministro. Al Sole 24 Ore risulta che varie comunicazioni, scritte e orali, siano arrivate al gabinetto del ministro da commissari preoccupati della situazione. Giovannini ha comunque rassicurato, a margine del convegno, su uno dei motivi critici: i ritardi nella nomina del comitato speciale del Consiglio superiore lavori pubblici, decisivo nella corsia veloce di approvazione dei progetti Pnrr. «I nomi sono pronti», ha detto.

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