Il CommentoAmministratori

Autonomia, il principio di leale collaborazione deve tradursi in sostanza

di Ettore Jorio

Che il Ddl Calderoli debba essere necessariamente implementato nel percorso parlamentare con la disciplina della perequazione è doverosamente ineludibile.

Che il sistema perequativo debba essere regolato in modo puntuale e coscienzioso è un obbligo giuridico-economico e sociale. Ciò perché le Regioni e gli enti locali poveri di gettito fiscale devono assicurare alle loro rispettive comunità quei livelli di prestazioni che – proprio perché definiti essenziali (Lep) – sono irrinunciabili e, in quanto tali, esigibili da parte di tutti indistintamente.

Per far questo, è però indispensabile che le Regioni debbano essere puntuali nei loro più attuali compiti assegnati dalla circolare Calderoli emanata dal suo ministero all'inizio della terza decade di febbraio scorso (si veda NT+ Enti locali & Edilizia del 24 febbraio).

Il principio di leale collaborazione deve tradursi in sostanza
La circolare, seppur elaborata e trasmessa con due mesi di ritardo dalla pubblicazione della legge di bilancio per il 2023, ha passato la palla alle Regioni. Il loro impegno è dunque necessario, senza il quale la macchina della definizione dei Lep e la determinazione dei costi e fabbisogni standard andrà in panne da qui a poco.
La ricognizione delle norme regionali che disciplinano le materie oggetto di autonomia legislativa differenziata, l'individuazione di quelle suscettibili di essere scisse in Lep da destinare al godimento collettivo, la valorizzazione per materia della spesa pubblica esercitata nell'ultimo triennio per singola materia, le funzioni amministrative svolte per ogni ambito dal sistema autonomistico, sono gli impegni cui ogni Regione deve assolvere nel più breve tempo possibile e con precisione chirurgica. Altrimenti, saranno guai per il desiderio unanime di mettere da parte la spesa storica, rimasta in piedi per oltre quattordici anni per mera incuria. Su tale impegno politico-istituzionale, sembrano tuttavia, accumularsi ritardi e inefficienze, determinate per lo più dalle soglie culturali e di esperienza delle burocrazie regionali, non avvezze ad andare oltre il solito. Spesso, incapaci ad affrontare il nuovo rispetto ai loro compiti tradizionali.
Il federalismo a geometria variabile è un argomento serio e difficile, fin troppo per essere trattato come se fosse un argomento accessorio. Così facendo, è facile andare in fuorigioco. Così come il Pnrr, esso va assistito nella sua elaborazione da esperti e tecnocrati riconosciuti. Quindi non da esperti non esperti bensì da soggetti che sappiano mettere il bisturi nel contenuto delle materie per scomporre e per estrarre dalle stesse la loro linfa essenziale: i Lep a esse materie direttamente e trasversalmente riconducibili. Queste ultime non facili a indentificarle esaustivamente, perché anche dipendenti dal corretto ricorso contestuale che si fa a esse (per esempio: come indirette alla sanità sono da considerarsi l'assistenza sociale, già residuale regionale, e la sicurezza alimentare; trasversali sono invece: l'ambiente, l'ecosistema, l'istruzione, la ricerca, i trasporti pubblici locali, l'energia e, di quelle già esclusive residuali, l'agricoltura, il turismo, le acque, l'urbanistica e l'edilizia). Il tutto, ovviamente, da rapportare alle spese sostenute negli ultimi tre anni per ciascuna di esse per assicurare i rispettivi godimenti alle collettività.
I ritardi accumulati a oggi sull'attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza dimostrano l'assenza delle professionalità necessarie per intervenire esaustivamente negli appuntamenti cruciali, così come dimostra da anni peraltro la intempestività nel rendicontare i fondi assegnati ordinariamente dall'Ue, con i frequenti ricorsi rimediali ai progetti sponda, attuali anche nella programmazione del Pnrr!

Recuperare tempo per predeterminare i Lep e i costi/fabbisogni standard
A fronte di questa «chiamata alle armi» delle Regioni, è dato sapere dei ritardi registrati sino a oggi, a oltre un mese dal ricevimento della circolare. Molte Regioni sono in affanno, alcune quasi in asfissia; in tante non hanno neppure ancora auditi i riferimenti istituzionali locali e categoriali cointeressati all'evento: gli enti locali, le rappresentanze del lavoro, il terzo settore, i sistemi universitari e quelli dei credo religiosi. Alcune Regioni non hanno neppure pensato come e se farlo. E dire che la partita del regionalismo differenziato passa attraverso questa fondamentale collaborazione che, proprio perché deve essere leale così come pretesa dalla Costituzione, deve essere espressione di verità attentamente raccolte, di saggezza elaborativa, di risultati tecnici verificabili e confrontabili, di previsioni ragionevoli, di un regime collaborativo pubblico-privato.
Quello della definizione della spesa per materia sarà un dato difficile da definire, ma sarà pressoché impossibile in assenza di una contabilità analitica, con ovvia previsione di centri di costo e di responsabilità, per singola materia ovvero per ambito di materie.
Lo si sa, quello delle Regioni è un lavoro arduo, ma occorre farlo, bene e velocemente, altrimenti si rischia un verosimile flop generale dell'iniziativa, evitabile solo con innesti di risorse professionali di elevata capacità e conoscenza. Di personale di gran lunga più affidabile di quello messo a disposizione dalle solite assistenze tecniche, generalmente improprie e a secco di saperi, utilizzate per meri scopi di clientelismo occupazionale.
Sarebbe un vero peccato non evidenziare e risolvere il problema oggi, piuttosto che dispiacersi per aver perso ancora una volta l'occasione del cambiamento.