Amministratori

Autonomia, sul testo solo mini ritocchi per l’ok del governo

Oggi l’esame definitivo con piccole aperture sulla rapporto con i sindaci

di Gianni Trovati

A un mese e mezzo dal primo esame, la legge quadro sull’autonomia differenziata torna oggi in consiglio dei ministri per il via libera definitivo. Nel calendario stretto disegnato dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, le sei settimane trascorse dal primo passaggio a Palazzo Chigi il 2 febbraio scorso sono molti. Il confronto, soprattutto con i sindaci che hanno fatto mancare il loro parere positivo in Conferenza Unificata, è stato serrato. Ma almeno a giudicare dalla bozza che oggi torna sui tavoli del governo non ha prodotto grosse modifiche all’impianto iniziale.

L’impianto della riforma resta quello proposto la scorsa volta, e peraltro bollinato anche se con qualche fatica dalla Ragioneria generale dello Stato. La legge quadro fissa la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), cioè degli standard di erogazione dei servizi minimi per garantire i «diritti civili e sociali» tutelati dalla Costituzione, come condizione preventiva per attivare il decrentramento delle funzioni attraverso le intese bilaterali con le Regioni. Il ventaglio delle competenze che possono traslocare dal centro al territorio resta ancorato alle 24 materie che del resto sono delineate dagli articoli 116 e 117 della Costituzione, e che sono al centro del censimento avviato nelle settimane scorse dallo stesso ministero di Calderoli (Nt+ Enti locali & edilizia del 24 febbraio). Il panorama è amplissimo, e potenzialmente spazia dalla sanità all’istruzione, dalle grandi reti di trasporto alla produzione e al trasferimento di energia, senza dimenticare ordinamento professionale, sicurezza sul lavoro e sport. E identica resta l’architettura finanziaria, in bilico fra l’impossibilità che le intese producano «nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» prodotti dalle intese (articolo 8, comma 1 anche nella bozza aggiornata) e la possibilità che la definizione dei Lep «derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» (articolo 4, comma 1); in questo caso, il trasloco delle funzioni verso le Regioni potrebbe avvenire «solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio». L’autonomia, insomma, non può andare in deficit: se i Livelli essenziali costano (ipotesi non irragionevole visti gli standard effettivi di servizio in molte aree del Paese) le coperture vanno trovate con maggiori entrate o tagli di spesa.

Che cos’è cambiato allora in questi 42 giorni? Poco, si diceva, almeno a giudicare dal nuovo testo. Dove si prevede ora che l’approvazione dell’intesa da parte della Regione avvenga «assicurando la consultazione degli enti locali» e che la commissione paritetica chiamata a vigilare sui costi dell’attuazione delle intese «fornisce alla Conferenza Unificata adeguata informativa degli esiti della valutazione degli oneri finanziari». Il Governo, poi, è chiamato a «informare la Conferenza unificata circa le attività poste in essere» sulla perequazione fra i territori. Gli enti locali, oltre alle Regioni, dovranno infine adeguarsi ai Lep in caso di revisioni.

Le novità introdotte fin qui nella bozza si occupano quindi soprattutto dei sindaci, che però nel documento unitario elaborato dall’Anci avevano mosso obiezioni decisamente più sostanziali chiedendo prima di tutto di limitare i trasferimenti alle Regioni alle sole competenze legislative, evitando di irrobustire le funzioni amministrative e gestionali che nell’ottica dei Comuni rischiano di alimentare il “centralismo regionale”. Tra le Regioni il quadro è invece agitato sul piano politico, con la spaccatura alimentata dal «no» secco alla riforma pronunciato dal centrosinistra e reso oggi ancora più netto dall’approdo di Elly Schlein alla segreteria Dem. Nella maggioranza, è nota una certa freddezza in Fratelli d’Italia: ma siamo solo all’inizio di un percorso che non si annuncia breve nonostante l’ambizione della legge di bilancio che ha fissato l’obiettivo della definizione dei Lep entro quest’anno dopo 22 anni di mancata attuazione.

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