Personale

Autotutela senza limiti di tempo nell’annullamento delle progressioni di carriera

di Aldo Milone

Il Tar dell'Abruzzo, con la sentenza n. 152/2019, ha fornito una rilevante interpretazione che delinea il perimetro applicativo del potere di autotutela da parte degli enti locali. Più in particolare, viene precisato il presupposto temporale dell'esercizio di questa potestà amministrativa.

La fattispecie
Un Comune aveva stabilito di coprire un posto vacante in pianta organica mediante concorso interno, in quanto la posizione lavorativa richiedeva una professionalità acquisibile esclusivamente all'interno dell'ente. A distanza di diversi anni, veniva disposto l'annullamento in autotutela del concorso, motivando la scelta con la priorità attribuita all'interesse pubblico alla copertura del posto tramite concorso aperto all'esterno, ossia attraverso una procedura selettiva volta a garantire l'accertamento della professionalità richiesta e l'accesso a soggetti estranei all'ente. La posizione giuridica del destinatario dell'atto veniva così derubricata a interesse recessivo rispetto al prevalente interesse pubblico.

Inesistenza del limite temporale
Il ricorso formulato dal vincitore del concorso interno, leso dal provvedimento amministrativo per quanto riguarda l'avanzamento di carriera, appuntata sull'inosservanza del termine per l'esercizio dell'autotutela contemplato dall'articolo 21-nonies, comma 1, della legge 241/1990 e sulla connessa carenza motivazionale, in ragione del suo legittimo affidamento e consolidamento della posizione acquisita, è stato disatteso dai giudici abruzzesi. Questi si sono basati sulla disposizione grazie alla quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, «entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici». E, invero, alla luce del chiaro tenore letterale della norma, i magistrati affermano il principio di diritto secondo cui la specifica limitazione temporale massima consentita dei 18 mesi non si applica ai provvedimenti – come nel caso di specie – di progressione in carriera. Essi, difatti, non rientrano nelle categorie di «atti autorizzativi», non essendo provvedimenti con cui la Pa rimuove un limite per l'esercizio di un'attività privata, o di «atti attributivi di vantaggi economici», giacché il miglior trattamento retributivo conseguente alla progressione non è la conseguenza diretta del provvedimento di nomina o comunque un beneficio riconosciuto dalla Pa, bensì un corrispettivo della prestazione lavorativa maggiormente qualificata.

Interesse pubblico prevalente
Per il Tar, nella fattispecie, sussisterebbero i presupposti per i quali la legge subordina il potere di autotutela della Pa in ragione della rilevanza degli interessi di tutela in concreto perseguiti. In particolare, l'interesse pubblico all'annullamento d'ufficio di un'illegittima progressione (o assunzione) di un dipendente pubblico, prevalente sulle altre posizioni per quanto consolidate, deve considerarsi in re ipsa e il suo accertamento non richiede una particolare motivazione, posto che l'atto oggetto di autotutela produce un danno permanente per la Pa in termini di esborso di denaro pubblico senza titolo, con ingiustificato vantaggio per il dipendente.

La sentenza del Tar Abruzzo n. 152/2019

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