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Brunetta: «Un abbaglio il lavoro da casa dopo il Covid»

«Lo Smart Working non ha garantito i servizi pubblici essenziali»

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di Gianni Trovati

Più che uno Smart Working, quello attuato nelle Pubbliche amministrazioni nel corso dell’emergenza sanitaria è «un lavoro a domicilio all’italiana», portato avanti «senza contratto, senza obiettivi, senza tecnologia e senza sicurezza, come abbiamo visto nel caso del Lazio»; proiettare questa modalità nel futuro «mi sembra un abbaglio».

Il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta coglie l’occasione del question time alla Camera per tornare a piedi uniti nel dibattito sullo Smart Working nella Pa. L’intenzione di Brunetta, condivisa con Palazzo Chigi, è quella di archiviare la stagione emergenziale avviata a marzo dell’anno scorso, che ha considerato lo Smart Working come «modalità ordinaria» di lavoro nelle attività dove la presenza non è imprescindibile. La mossa (anticipata su NT+ Enti locali & edilizia del 1° settembre) incrocia ora gli inciampi nella maggioranza sull’estensione dell’obbligo di Green Pass nei luoghi di lavoro. Ma la direzione è segnata, ribadisce a Montecitorio il titolare di Palazzo Vidoni. «Abbiamo il Pnrr, abbiamo cambiato il modo di fare i concorsi, questa è la modernità», dice, «non un lavoro a domicilio» che «non ha garantito i servizi pubblici essenziali».

Nelle intenzioni del governo il ritorno in ufficio in sicurezza avviene con il certificato verde in tasca. Il tema non è semplice per una maggioranza alle prese con il freno tirato dalla Lega sull’allargamento del Green Pass, anche perché da un punto di vista epidemiologico non c’è nessuna differenza fra un ufficio pubblico e uno privato. Le differenze ci sono invece sul piano giuridico, che nella Pa rende più facile l’estensione del modello scuola (oggi sarà il turno delle mense) che sanziona con la sospensione chi rifiuta il lasciapassare.

In ogni caso l’obiettivo è un intervento a breve, che non va confuso con il confronto sui contratti a cui tocca invece il compito di regolare diritti, doveri e modalità operative del lavoro agile nella cornice fissata dalla normativa primaria. Se tutto andrà liscio, del resto, i nuovi contratti del pubblico impiego saranno definiti fra ottobre e dicembre per entrare in vigore dal prossimo anno.

Il modello a cui pensa il governo è quello ibrido, che di norma non prevede dipendenti sempre in Smart Working ma costruisce un’alternanza fra periodi in ufficio e giornate di lavoro a distanza. Ma il quadro operativo chiamato a regolare questa impostazione resta tutto da definire. Il principio guida è stato fissato negli atti di indirizzo per i rinnovi contrattuali, in cui è scritto che «il lavoro agile non può costituire un diritto soggettivo da parte del dipendente», ma è «una misura di carattere organizzativo rientrante nelle competenze del lavoro pubblico». Su questa base le prime bozze (NT+ Enti locali & edilizia del 9 luglio) dividono la giornata agile nelle tre fasce di «operatività», «contattabilità» e «inoperabilità», e prevedono una corsia preferenziale per portatori di handicap, caregiver e genitori con figli piccoli. Ma il confronto nel merito inizierà solo la prossima settimana.

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