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Buoni spesa Covid, legittimi gli acquisti dei Comuni senza gara

Ok del Tar Lazio all'affidamento diretto in deroga al Codice dei contratti

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di Amedeo Di Filippo

Sono legittime le procedure di acquisto in deroga al Codice dei contratti dei buoni spesa alimentari introdotti dall'ordinanza della Protezione civile n. 658 del 29 marzo scorso. Lo afferma il Tar Lazio con la sentenza n. 11581 depositata il 9 novembre.

Il caso
Oggetto del giudizio è il ricorso avverso l'affidamento diretto per la fornitura di buoni spesa in favore di persone e/o famiglie in condizione di disagio economico riconducibile all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Si tratta dei contributi introdotti dall'ordinanza della Protezione civile n. 658/2020 che ha ripartito tra i Comuni un fondo messo a disposizione dal ministero dell'Interno per il finanziamento di interventi di sostegno alimentare, autorizzando i Comuni ad acquisire, in deroga al Codice dei contratti, buoni spesa utilizzabili per l'acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell'elenco pubblicato da ciascun Comune nel proprio sito istituzionale e generi alimentari o prodotti di prima necessità.
Nel caso specifico, l'affrancamento dalle regole del Codice ha causato una situazione del tutto singolare. Un Comune chiede un preventivo al fornitore di buoni pasto cartacei per il proprio personale dipendente; questi propone uno sconto del 10%, che però risulta inferiore a quello applicato per la fornitura dei buoni pasto; allora il Comune rivolge analoga richiesta a un altro operatore, segnalato da altre amministrazioni comunali impegnate nell'implementazione del medesimo contributo; questi propone uno sconto del 20% e la fruizione dei buoni tramite APP scaricabile su smartphone; il Comune ne dà comunicazione all'altro operatore, il quale rilancia offrendo anch'esso lo sconto del 20% ed eliminando i costi aggiuntivi per la consegna; il comune non valuta il rilancio e affida la fornitura al secondo operatore; il primo quindi propone ricorso per reclamare l'illegittimità dell'affidamento, che il Tar Lazio ora dichiara infondato.

La comparazione
Alla prima censura, che riguarda la presunta errata comparazione delle offerte, i giudici rispondono che il Comune non ha inteso effettuare un'asta tra i due operatori consultati ma, in considerazione dell'urgenza e della peculiare situazione socio-economica sulla quale si innestava la procedura, ha richiesto due preventivi a due diversi operatori individuati, l'uno in quanto già fornitore dell'amministrazione e l'altro a seguito di segnalazione da parte di altre amministrazioni comunali impegnate all'epoca in analoghi affidamenti. Ha quindi effettuato la comparazione senza valutare il rilancio successivo, posto che l'amministrazione non era tenuta ad attendere o valutare la proposta migliorativa, anche perché a quel punto avrebbe dovuto concedere anche all'altro operatore la possibilità di rilanciare, «con evidente frustrazione delle esigenze oggettive di celerità ed efficienza richieste dall'oggetto dell'affidamento».

Le deroghe
Il ricorrente quindi ha proposto l'illegittimità derivata dell'atto di affidamento in conseguenza della illegittima adozione dell'ordinanza 658/2020, che ne costituisce il presupposto, in ragione del fatto che quest'ultima non sarebbe stata autorizzata a derogare alla disciplina ordinaria dei contratti pubblici in relazione all'oggetto specifico dell'affidamento. E questo perché l'originaria dichiarazione dello stato di emergenza avrebbe autorizzato l'adozione delle ordinanze solo in relazione ad alcune disposizioni del Codice di protezione civile, tra le quali non rientrerebbe il sostegno alimentare alle famiglie in stato di bisogno.
Ma nemmeno questa tesi è condivisa dal Tar Lazio, secondo cui, in ragione della peculiarità della situazione, la distribuzione di buoni spesa deve essere ascritta alla categoria degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall'evento previsti dalla lettera b) dell'articolo 25 del Codice, espressamente richiamata dalla delibera di dichiarazione dello stato di emergenza. Non si tratta, infatti, si legge nella sentenza, di prestazioni assistenziali ordinarie volte a sostenere semplicemente il reddito della popolazione, ma di prestazioni tese a soddisfare un bisogno primario quale è quello all'alimentazione, che costituisce il presupposto per un'esistenza dignitosa, nonché la base stessa per il diritto alla salute.

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