Urbanistica

Cessioni del credito, per le partite Iva rischio diligenza qualificata

A imprese e professionisti con la quarta cessione potrebbe essere richiesto di sottoporre i crediti a un attento processo di valutazione

di Chiara Todini

Il superbonus ha sin dalla sua introduzione generato incertezze negli operatori, probabilmente perché le norme in materia non erano in molti casi dettagliate a sufficienza, né assistite da disposizioni attuative in grado di definire con chiarezza i limiti e le procedure da adottare in relazione ad una così vasta casistica, sia tecnica, ovvero riferita agli interventi, sia giuridica, se riferita agli adempimenti, alle verifiche soggettive sui beneficiari e documentali.

Nonostante la grande rilevanza dell’incentivo, che certamente ha rappresentato una rivoluzione nel panorama delle agevolazioni ed ha permesso all’Italia di anticipare e di attuare quella che tutti ora conoscono come transizione energetica, diffondendone capillarmente una vera e propria cultura, si è scelto di procedere “in corsa”, ovvero di osservare l’andamento della misura, e rilasciare di volta in volta specifici chiarimenti tarati sulle richieste dei contribuenti e, quando ritenuto necessario, intervenire con disposizioni modificative, per lo più correttive, dell’originario impianto del decreto Rilancio.

Tra le concause che hanno portato alla paralisi dell’incentivo, nelle ultime settimane, va individuato lo stallo che si è generato con la circolare dell’agenzia delle Entrate n. 23/E dello scorso 23 giugno, nella parte in cui si tratta della responsabilità in concorso del cessionario, in ipotesi di controlli non eseguiti con la diligenza “qualificata”.

A questo proposito, il documento sembra confliggere in termini generali con l’esigenza di riaprire il meccanismo delle cessioni per ridare ossigeno alle imprese, tramite lo smobilizzo dei crediti presenti sui cassetti fiscali delle banche.

Infatti la circolare, ampliando - senza la dovuta copertura normativa - la responsabilità del cessionario, pone il tema della responsabilità del soggetto acquirente il credito fiscale che, in assenza di specifiche garanzie sulla spettanza del credito, rimane potenzialmente soggetto al rischio di indebita compensazione. Con l’effetto che il credito di imposta, prima considerato una posta “sicura”, non soggetta a specifiche valutazioni in termini di rischio, diviene ora una posta da sottoporre ad un attento processo valutativo, anche in termini prettamente contabili.

La recente norma del decreto Aiuti, che ha inteso sbloccare l’acquisto dei crediti di imposta, rischia di rimanere lettera morta se non si introdurranno correttivi efficaci. Prima, evidente considerazione è che essa sembra “tornare indietro”: dopo che il sistema ha gradualmente veicolato, come giusto, l’acquisto su intermediari qualificati, come tali dotati di più mezzi ed apparati di verifica in grado di intercettare operazioni fraudolente, ora si è introdotta la possibilità che questi ultimi possano cedere i crediti acquisiti a soggetti privati, purché “non consumatori”.

Ma se la circolare 23/E richiede un particolare livello di diligenza nell’acquisto, come il legislatore prevede di definire il perimetro di responsabilità dei nuovi cessionari con partita Iva? In altri termini, dopo aver fatto un lungo viaggio, il credito di imposta ritorna alle imprese e ai professionisti, ai quali potrebbe essere ugualmente richiesta una diligenza qualificata nell’acquisto. Se davvero questa è la finalità, occorrerà una disposizione che esoneri gli ultimi acquirenti dai profili di responsabilità solidale.

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