Il CommentoAmministratori

Comuni in panne senza le riforme su default e riscossione

di Ettore Jorio

Due gli eventi: l'Anci che chiede una riformulazione del Tuel; la Consulta che ritiene improrogabile la riforma della riscossione. Da questo dipenderà la futura esistenza del sistema autonomistico locale e, di conseguenza, il godimento dei servizi pubblici determinati dall'esercizio delle funzionari fondamentali di Città metropolitane e Comuni, con le Province forse da cancellare dall'ordinamento.

Le regole per un buon proselitismo
Non solo. Dalla soddisfazione delle richieste si risolverà l'incombente crisi delle «vocazioni» istituzionali, che stanno mettendo in seria difficoltà i partiti nel rintracciare la disponibilità di persone valide da candidare a esercitare le funzioni di sindaco, fatta eccezione per le Città metropolitane. Un problema, quest'ultimo, accentuato dalla situazione in cui si trovano i bilanci di oltre il 16% dei Comuni Italia, affossati da un disavanzo di amministrazione ciclopico, nonostante spesso figurativamente contenuto attraverso stratagemmi che a definire impropri si offendono i principi di legalità e di buona amministrazione.
Dunque, subito una riforma, quantomeno, del dissesto e del predissesto e soprattutto quella della riscossione di tributi e tariffe senza la quale sarà davvero difficile concretizzare «il carburante» che serve a fare correre la macchina delle amministrazioni locali, finanche al minimo sindacale. Tra queste, anche importanti Città metropolitane, salvate sino a oggi da intercessioni politiche che poco hanno a che fare con il più generale principio dell'uguaglianza, dal momento che tali misure miracolanti - peraltro nel caso di Napoli servite a poco o nulla - non sono state assicurate alla quasi totalità dei 1300 Comuni con una riscossione a valori omeopatici.
Tantissimi i Comuni coinvolti nella incapacità a riscuotere, soprattutto per la brutta abitudine assunta di esentare la cittadinanza dai pagamenti come strumento attrattivo del consenso, facendo così supporre che il migliore sindaco dovrebbe essere quello non più rieletto. Le regioni regine in una tale disfatta, le solite (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 3 giugno). La Calabria con 244 Comuni (62,1%), la Sicilia con 150 (45,3%), la Campania con 229 (42,3%) e il Lazio con 137 (35,5%). Una graduatoria che coincide con alcune Regioni che presentano i propri bilanci pieni zeppi di crediti da riscuotere, mantenuti lì per evitare le brutte figure gestorie che meriterebbero.

Gli sprechi, i disagi e le soluzioni
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 120 del 10 giugno (redattore, Antonini), è stata chiara nel definire uno stop alle attuali metodologie e ai pesi finanziari connessi agli aggi (8/9%), percepiti dagli agenti privati concessionari, e sottolineare la non più trascurabile esigenza di perfezionare una generale riforma della riscossione, ci si augura da qualsivoglia ente territoriale esercitata. Il tutto funzionale anche a ribaltare oneri eccessivi sui contribuenti destinatari delle azioni di riscossione coattiva, che peraltro assicura un esito positivo limitato alla cittadinanza abbiente, generando così un ulteriore costo a vuoto per le amministrazioni titolari del credito tributario e, quindi, un ribaltamento sulla fiscalità generale ovvero sulla generazione di un ulteriore debito da ripianare, soventemente con la riduzione dei servizi (si veda NT + Enti Locali & Edilizia dell'11 giugno). Un limite che ha storicamente inciso nell'incentivare la «evasione da riscossione» perpetrata sistematicamente da chi riesce a sfuggire da sempre, nella quasi totalità, ai propri obblighi tributari locali, con ricorrenza assoluta per quelli di importo modesto che, nell'insieme, fanno però il troppo che impedisce ai Comuni di fare bene il loro dovere istituzionale. Una soluzione a ciò potrebbe essere determinata, alla luce della leale collaborazione che sarebbe necessaria invocare ad hoc, dalla canalizzazione delle pretese tributarie comunali, qualunque sia la causa generativa, sulle utenze indispensabili alla vita dei cittadini.

La Calabria, la prima regione al voto post-Covid
Da qui, con la Calabria titolare del primato nazionale negativo, l'esigenza che va oltre i doveri istituzionali dello Stato in materia di riscrittura del testo unico degli enti locali e di disciplina della riscossione dei tributi. Il nuovo Presidente, che uscirà finalmente dalle urne nel prossimo autunno, dovrà adoperarsi in tal senso ed energicamente. Sia nel pretendere, con la dovuta celerità, le anzidette riforme statali dalle quali dipenderà la continuità esistenziale di centinaia di Comuni calabresi che nell'affrontare la ormai prossima attuazione del federalismo fiscale, che muterà il presupposto economico del finanziamento pubblico locale. Più adeguato, con i fabbisogni standard (però ben valorizzati!) ai bisogni reali dell'ente in termini di esercizio delle funzioni fondamentali.
E ancora, nell'approcciare al federalismo differenziato, sapendo rivendicare ciò che serve, evitando pericolose richieste all'ingrosso.