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Comunità energetiche rinnovabili, la Consulta boccia la norma regionale che affida alla giunta la definizione dei requisiti

Secondo la Corte costituzionale va tutelata la massima partecipazione

di Amedeo Di Filippo

È incostituzionale la norma regionale che attribuisce alla giunta il potere di definire i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle comunità energetiche rinnovabili. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 48/2023.

Le questioni
È stata sottoposta al vaglio della Consulta la legge della Regione Abruzzo che regola gli interventi di promozione dei gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile e delle comunità energetiche rinnovabili (Cer), di cui alla direttiva 2018/2001, a cui è stata data attuazione con il Dlgs 199/2021, con riferimento a diversi punti: l'obbligo per le Cer di adottare un programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all'efficientamento dei consumi energetici; la possibilità per le Cer di stipulare accordi e convenzioni con Arera e i gestori della rete di distribuzione al fine di ottimizzare la gestione e l'utilizzo delle reti di energia; il rinvio alla giunta regionale del compito di redigere uno schema tipo di protocollo d'intesa a cui devono attenersi gli enti locali che intendano partecipare ad una Cer e di definire, con apposito disciplinare, i requisiti dei soggetti che possono parteciparvi e le modalità di gestione delle fonti; la mancata o inadeguata copertura degli oneri derivanti dagli interventi.

I requisiti
La Corte costituzionale dichiara in parte inammissibili e in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale di quattro dei motivi proposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ma dichiara l'illegittimità della norma nella parte in cui rinvia alla giunta regionale la potestà in ordine alla fissazione dei requisiti dei soggetti che possono partecipare alle Cer. Si tratta, in particolare, del punto in cui la legge affida alla giunta l'onere di definire, con apposito disciplinare e sentita la competente commissione consiliare, i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle Cer e le modalità di gestione delle fonti energetiche all'interno delle comunità e di distribuzione dell'energia prodotta senza finalità di lucro. Disposizione censurata perché rinvierebbe a un successivo atto di rango non legislativo la definizione dei requisiti dal cui possesso dipende l'operatività delle Cer, ponendosi così in contrasto con l'articolo 31, comma 2, del Dlgs 199/2021, che definisce specificamente tali requisiti.
La Consulta afferma che l'articolo 31 fissa al comma 1 i requisiti che i clienti finali devono possedere per poter organizzarsi in Cer e al comma 2 le condizioni nel rispetto delle quali devono operare le Cer medesime, improntati al principio della massima apertura. Ricorda inoltre che la direttiva europea impegna gli Stati membri ad assicurare che i clienti finali abbiano il diritto di partecipare senza essere soggetti a condizioni o procedure ingiustificate o discriminatorie che ne impedirebbero la partecipazione, fornendo un quadro di sostegno atto a promuovere e agevolare lo sviluppo delle comunità. La disposizione regionale impugnata contrasta con tale contesto normativo in quanto affida alla regione il compito di definire i requisiti per poter partecipare a una Cer, laddove essi sono invece già esaustivamente definiti dalla legge statale. Nemmeno la Corte accoglie la tesi del carattere non immediatamente lesivo della norma regionale, che rinvia ad un successivo atto della giunta, in quanto la violazione si concreta già nel momento in cui la regione si appropria di una disciplina che, a tutela della massima apertura delle Cer, deve invece essere uniforme su tutto il territorio nazionale.

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