Personale

Concorsi e autocertificazioni mendaci, si rischia il posto solo se il falso è stato decisivo

Quando comportino la carenza di uno dei requisiti richiesti per instaurare il rapporto di lavoro

di Pietro Alessio Palumbo

Falsi documentali e dichiarazioni non veritiere in occasione dell'accesso al pubblico impiego sono causa di decadenza dal contratto quando comportino la carenza di uno dei requisiti che avrebbero consentito l'instaurazione del rapporto di lavoro con l'ente pubblico. In altre ipotesi, una volta instaurato il rapporto, le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell'assunzione possono comportare il licenziamento; ma in esito a un procedimento disciplinare.

Con la sentenza n. 12460/2022, la Corte di cassazione ha precisato che la tutela del buon andamento della Pa rispetto alle autocertificazioni non può giungere - pena l'intollerabile rinuncia al rapporto di adeguatezza e proporzionalità col caso concreto - fino al punto di determinare l'invalidità di un rapporto di lavoro rispetto al quale l'erroneità o l'insufficienza dichiarativa non siano stati influenti in maniera indispensabile. Niente automatismi, la disciplina in argomento non prevede «sanzioni punitive» o «espiative»: la decadenza dal beneficio si pone quale mero effetto, sul piano causale, dell'assenza, successivamente accertata, dei requisiti per poter accedere alla procedura concorsuale e di conseguenza al posto di lavoro. Per la Suprema Corte solo la falsità sui dati sicuramente "decisivi" per l'assunzione può quindi comportare la decadenza dall'impiego; e senza possibilità di qualsivoglia valutazione di diverso tipo.

La normativa sulle autocertificazioni recita che qualora dai controlli emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base delle affermazioni non veritiere. Nella sua interpretazione letterale la normativa non prevede però un "automatismo" tra dichiarazione mendace e perdita dei benefici, stabilendo la stessa che la decadenza può colpire soltanto i benefici conseguenti alla dichiarazione non puntuale e fedele. È pertanto necessario accertare l'esistenza di un nesso causale tra la dichiarazione non veritiera e il conseguimento dei benefici che, in mancanza del mendacio, l'aspirante non avrebbe ottenuto.

Lo spirito di tale normativa non è dunque quello di perseguire in misura indiscriminata qualsiasi falsità. Anzi, può affermarsi che anche lo stesso bando di concorso non può avere rilevanza assoluta o in altro modo "automatica" ai fini dell'eventuale decadenza dal posto di lavoro occupato. Occorre sviscerare concretamente, se e quanto, la menzogna contenuta nella dichiarazione abbia comportato un vantaggio per il candidato al concorso pubblico. In altri termini è necessaria una interpretazione logica e sistematica delle disposizioni di riferimento ma anche l'analisi effettiva di documenti e vicenda. E peraltro, per ricostruire l'effettiva gravità della condotta, oltre all'accertamento in concreto delle circostanze rilevanti neppure può prescindersi dalla possibile buona fede del concorrente che ha compilato la dichiarazione.

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