Concorsi, se manca il timbro la prova è da rifare
Un adempimento che presidia la garanzia di autenticità del prodotto intellettuale del concorrente
La normativa sull'accesso agli impieghi nella Pa dispone che gli elaborati concorsuali devono essere scritti esclusivamente su carta contenente il timbro d'ufficio e la firma di un componente della commissione esaminatrice. L'uso di carta diversa comporta la nullità della prova. Si tratta di un adempimento formale che però presidia un interesse pubblico molto rilevante: la garanzia di autenticità del prodotto intellettuale del concorrente, evitando il rischio che questi possa introdurre in sede di concorso e consegnare come originali fogli già predisposti in tutto o in parte all'esterno dell'aula d'esame. Secondo il Tar Genova (sentenza n. 647/2021) in nessun caso è possibile evitare il passaggio burocratico in argomento. Non bastano le diciture stampate sui fogli con il riferimento allo specifico concorso, e neppure i codici a barre apposti su buste e prospetti delle risposte. Questi ultimi strumenti tutelano l'anonimato dei candidati, non la "genuinità" delle loro prove.
Secondo il Tar ligure quella in argomento è dunque una incombenza imprescindibile delle procedure concorsuali ai fini della stessa validità della prova; e ciò è "certificato" dalla natura stessa della sanzione nel caso di sua violazione. È quella massima: la nullità.
Talvolta neppure rileva che la «leggerezza burocratica» sia avvenuta durante una prova identificata come pratica nel bando di concorso, anziché qualificata in senso stretto come scritta. È evidente infatti che se il bando prevede che la prova pratica consiste nella soluzione "per iscritto" di quesiti tecnici a risposta sintetica o multipla, la verifica in questione resta disciplinata dalle ordinarie disposizioni sulle prove scritte dei concorsi pubblici e relative formalità procedurali; comprese timbrature e sigle dei commissari da apporre sui fogli da consegnare ai candidati per svolgere la prova. Altrimenti sarebbe sufficiente cambiare la intitolazione formale della prova di concorso per eludere la richiamata disciplina di ordine pubblico che è posta a salvaguardia dei valori fondamentali di imparzialità, correttezza e buon andamento della Pa. In altre parole l'omissione dei «rituali procedurali» in questione vizia sempre e fin dall'origine le prove d'esame e i loro esiti. Risultati che vanno revocati con obbligo per l'amministrazione di ripetere gli esami irregolari. E anzi, neppure è necessaria la dimostrazione concreta dell'introduzione in sede di esame di fogli risposte già compilati da parte dei candidati: si tratta di norme che come dimostra la sanzione della (radicale) nullità delle operazioni d'esame, mirano a scongiurare che l'interesse pubblico tutelato sia anche soltanto "minacciato" o comunque messo a repentaglio da atteggiamenti poco prudenti della commissione di concorso.