Amministratori

Consiglieri comunali, pieno accesso agli atti ma niente abusi

Le difficoltà organizzative della Pa non giustificano il diniego, sì alla suddivisione delle domande ma vanno evase in tempi ragionevoli

di Pietro Alessio Palumbo

I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del Comune e della Provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, «utili» all'espletamento del proprio mandato. Secondo il Tar Lombardia (298/2021) da questi principi consegue che sul consigliere non può gravare alcun onere di motivare le richieste: sarebbe introdotta una sorta di controllo degli uffici dell'ente sull'esercizio di funzioni rappresentative della comunità locale. Inoltre dal termine «utili» contenuto nella disciplina del Testo unico enti locali non può conseguire alcuna limitazione al suddetto diritto di informazione. Diritto che è dunque esteso a qualsiasi atto che lo stesso consigliere ritenga «valido» per il miglior esercizio del proprio ruolo. E anzi, questa facoltà neppure incontra sbarramenti nella eventuale natura riservata di alcuni atti, poiché il consigliere è obbligato al segreto d'ufficio: può infatti visionarli, dedurre, ma certo mai divulgarli.

Il diritto «incondizionato» a sapere
I consiglieri comunali hanno un incondizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere convenienti per l'espletamento delle loro funzioni. E ciò anche al fine di valutare con piena cognizione, la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione; per esprimere un voto consapevole su questioni di competenza; per promuovere nell'ambito dello stesso consiglio le opportune iniziative.

Diritto d'informazione del consigliere e diritto d'accesso tradizionale
Il diritto di accesso dei consiglieri comunali ha una logica diversa da quella del diritto di accesso riconosciuto alla generalità dei cittadini, ovvero a chiunque sia portatore di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione tutelata e collegata al documento richiesto. Infatti mentre il diritto di accesso tradizionale è finalizzato a permettere ai singoli cittadini di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie situazioni individuali (eventualmente) lese; quello riconosciuto ai consiglieri è invece pertinente all'esercizio di funzioni pubbliche, con particolare riguardo al controllo sul comportamento degli organi dell'ente locale ai fini della tutela di interessi collettivi (e non privati o personali). Questo diritto all'informazione si configura, quindi, espressione del ruolo del consigliere quale «delegato» della collettività comunale.

…ma niente «abusi»
A ben vedere gli unici limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor carico possibile per gli uffici attraverso modalità che vanno fissate nei regolamenti dell'ente; per altro verso, la prerogativa in argomento non deve mai sostanziarsi in richieste generiche o emulative che abbiano preciso scopo di «bloccare» i procedimenti ordinari. Quest'ultimo caso si configura quale «abuso del diritto». Ma si badi: resta fermo che la sussistenza di questo abuso deve essere ponderata molto attentamente al fine di non introdurre arbitrarie limitazioni al diritto democratico in argomento. In ogni caso, tempo e lavoro necessari per dare seguito alla richiesta di accesso non sono ragioni sufficienti per ostacolarlo. L'amministrazione non può rispondere al richiedente lamentando difficoltà organizzative interne; può semmai dilazionare l'accesso ma sempre nel rispetto di termini adeguati e ragionevoli.

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