Appalti

Contratti pubblici, l'incognita Iva blocca i pagamenti delle compensazioni agli appaltatori

Il ministero non rimborsa l'imposta addebitata agli Enti dalle imprese. Alla base del problema il trattamento delle somme come «aiuti» emergenziali

di Lisa Castellani e Alessandro Garzon

L'errata interpretazione di una nota dell'agenzia delle Entrate ha portato il ministero delle Infrastrutture a non riconoscere quale costo ammesso a rimborso l'Iva addebitata agli enti locali dagli appaltatori nella fatturazione delle somme compensative degli extracosti dei materiali. Di qui un corto circuito che sta bloccando i pagamenti delle fatture degli appaltatori. Per ristorare gli appaltatori l'articolo 1-septies del Dl 73/2021 ha creato un fondo Mims cui gli enti locali possono fare ricorso, non prima di aver attivato risorse proprie. Quale che sia la fonte delle somme compensative, il soggetto sovventore resta individuato nell'ente appaltante, che si attiva in una procedura al cui esito le comunicazioni di erogazione di fondi da parte del Mims precisano che «come chiarito dall'Agenzia delle Entrate l'importo erogato è al netto dell'Iva». Il parere dell'Agenzia precisa che «in mancanza di rapporto di natura sinallagmatica, le somme dovute per la compensazione sono da configurarsi come mere movimentazioni di denaro e, come tali, escluse dal campo di applicazione dell'Iva». Ma il parere si riferisce a somme dal ministero all'ente appaltante, non a quelle assegnate da quest'ultimo all'appaltatore.

Così gli appaltatori emettono fatture imponibili mentre le stazioni appaltanti ricevono fondi che non comprendono l'Iva addebitata dagli appaltatori. Il tema è se le somme compensative erogate dagli enti appaltanti, in forza di una legge, costituiscano contributi esclusi da Iva o corrispettivi di un servizio imponibile Iva. Va notato,che l'articolo 1-septies del Dl 73/21 qualifica tali somme come «compensazioni», non come aiuti. Con il che viene meno il primo dei criteri proposti dalla circolare 34/13 per l'identificazione di un contributo, quello fondato sulla sua qualificazione come «aiuto» dalla norma istitutiva. Né parrebbe applicabile il secondo criterio, fondato sullo schema previsto all'articolo 12 della legge 241/90, che consente alle Pa la concessione di sussidi. Il risultato, è l'erogazione di contributi vincolati alla realizzazione di opere o servizi, di solito in settori di rilevante interesse sociale. Nel caso delle somme compensative, invece, la loro attribuzione è strettamente legata all'esecuzione di un contratto (di solito) d'appalto, del quale si vuole ripristinare l'equilibrio economico.

È una situazione simile a quella affrontata dalla Rm 136/03 che ha concluso per l'assoggettamento ad Iva delle somme dovute dalla Pa all'appaltatore per una norma che prevede un adeguamento automatico del corrispettivo all'inflazione. All'opposto, nella direzione dell'esclusione da Iva vanno le risposte a interpello 219/22 e 227/22 che qualificano come «ristori» esclusi da Iva le remunerazioni integrative previste dall'articolo 20 del Dl 41/21 a favore delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Ssn. Anche qui c'è una remunerazione aggiuntiva erogata per legge, in un rapporto trilaterale: dal ministero all'ente locale sovventore e da questo alle farmacie. Una remunerazione la cui equiparazione a un «ristoro» deriverebbe, per l'Agenzia, dall'emergenza Covid che l'ha generata. Anche se le compensazioni agli appaltatori, previste dal Dl 73/21, si inseriscono nello stesso contesto emergenziale, è lo scenario della Rm 136/03 a risultare più convincente.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©