Fisco e contabilità

Corte conti, giurisdizione contabile nei confronti degli amministratori di una società in house

Anche alla luce del più ampio concetto di controllo analogo di recente affermato dalla Cassazione

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di Corrado Mancini

La Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale centrale d'appello, con la sentenza n. 373 del 28 ottobre 2021, riforma la decisione di primo giudice, dichiarando la giurisdizione contabile nei confronti degli amministratori di una società ritenuta in house anche alla luce del più ampio concetto di controllo analogo di recente affermato dalla Corte di cassazione.

Il collegio di primo grado aveva ricusato la giurisdizione sostenendo che, avuto riguardo alle previsioni contenute nello statuto in vigore all'epoca dei fatti, non era in esso contemplato il requisito del divieto della partecipazione al capitale anche da parte di soci privati né quello del controllo analogo che, sebbene previsto dallo statuto, riconosceva tuttavia al Comune un potere di preventiva autorizzazione solo sugli atti di maggiore impatto patrimoniale dal punto di vista della tutela delle partecipazioni azionarie del Comune e sulla gestione straordinaria della società, senza condizionare o comprimere la piena autonomia gestionale e strategica della medesima.

La Sezione centrale d'appello, invece, non può non rilevare che, proprio riguardo al controllo analogo, con l'ordinanza n. 14236/2020 le Sezioni unite della Cassazione addivengono a un significativo arresto che fa segnare un'evoluzione nell'interpretazione del concetto come in precedenza concepito (Sezioni Unite n. 22410/2018).

In particolare, proseguono i magistrati contabili, con la citata pronuncia la Corte di cassazione è giunta ad una rimeditazione della nozione di controllo analogo, che salvaguarda l'autonomia gestionale della società in house. Si è infatti sostenuto: «Non appare invece condivisibile una nozione di "controllo analogo" esercitata dall'ente pubblico sulla società in house, tale da declassare la società di capitali a mera articolazione interna dell'ente pubblico, del tutto priva di autonomia e sottoposta all'identico potere gerarchico esercitato dall'Amministrazione sugli uffici dipendenti. Osta a tale interpretazione il dato letterale della norma che, qualificando il controllo esercitato come "analogo", intende propriamente affermare che esso non è uguale ma semplicemente simile a quello esercitato dall'ente pubblico sui propri servizi gestiti direttamente. Inoltre, una interpretazione di "controllo analogo" tale per cui la società in house risulti assoggettata ad un potere di direzione gerarchica indistinguibile da quello esercitato dall'ente pubblico sulle proprie articolazioni interne, appare incompatibile con i principi di autonomia patrimoniale e attribuzione della personalità giuridica che il codice civile riconosce alla società di capitali». Alla luce dei principi della Corte di cassazione illustrati, in riforma della sentenza impugnata, la Sezione centrale di appello, dichiara la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti.

Tuttavia, con riferimento al concetto di controllo analogo, c'è da evidenziare come la sua definizione non trovi un'anime interpretazione, anche successivamente all'ordinanza n. 14236/2020.

Per una parte della magistratura il controllo analogo consiste «in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni» (Tar Lombardia n. 281/2021, CdS, Sezione V, sentenza n. 6460/2020).

Il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 1842/2021 (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 10 maggio), nell'affermare il principio che l'esercizio del controllo analogo nei confronti di una società in house costituisce in re ipsa un'ipotesi di attività di direzione e coordinamento da parte del comune socio, definisce lo stesso come un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente con modalità e con un'intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure un socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, sino al punto che agli organi della società non resta affidata nessuna rilevante autonomia gestionale.

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