Regioni

Così il decreto legge Calabria mette a rischio i voti regionali

Ecco come la campagna vaccinale può compromettere il libero esercizio delle competizioni elettorali

di Ettore Jorio

La campagna vaccinale mette in discussione il libero esercizio delle prossime elezioni regionali. È quanto emerge dalla lettura dell'articolo 8 del Dl 150/2020, in corso di conversione in legge, destinato naturalmente ad estendere la sua efficacia anche a quelle che rintracciano la loro causa generativa legale nel 2021. In base alla sua lettera attuale, le elezioni regionali calabresi (le uniche a rientrare nell'alveo temporale previsto nel decreto), considerata la pandemia in atto, possono essere spostate a piacimento dei decisori uscenti. Fissate per il 14 febbraio 2021 sulla base della norma generale vigente (legge 108/68), sembra essere in atto il tentativo di farle slittare, in base proprio all'articolo 8 del Dl Calabria, fino al 150esimo giorno dell'evento che le determina: la presa d'atto da Consiglio della scomparsa della presidente Jole Santelli.

Attenzione alle creatività
Un'opzione di questo tipo, se esercitata, costituirebbe un vulnus all'esercizio democratico del voto e, con essa, una palese violazione alle prescrizioni costituzionali. Prioritariamente, dell'articolo 48. In quanto tale, la volontà di scegliere date ad essa alternative - oltre che a imporre un prolungamento della limitazione di esercizio dei poteri spettanti al Presidente facente funzione e alla giunta in carica, consentiti solo per attendere all'ordinaria amministrazione - rappresenterebbe il tentativo di posizionare a piacimento il giorno della raccolta nel consenso popolare. Con questo, di determinarlo nell'arco di tempo più favorevole.

La selezione degli elettori
Tenuto conto della scansione prefissata di esecuzione della campagna vaccinale in corso, il decisore pubblico - esercitando un tanto discutibile suo potere - potrebbe decidere di posizionare l'esercizio del voto a suo piacimento e interesse. Con questo di determinarne la maggiore affluenza, in relazione alle categorie via via già sottoposte al vaccino. Così facendo potrebbe arrivare, ancorché in via indiretta, a riservare di fatto il voto a ceti selezionati. Quelli vaccinati, scelti di certo non per ordine alfabetico, rispetto a chi sarebbe invece destinato a vaccinazioni più tardive e, quindi, non attratto dalla confusione delle urne.

Le conseguenze
Di conseguenza si avrebbe oggi in Calabria (ovunque, se sarà consentito dal legislatore per altrove) un'ulteriore disaffezione degli elettori "impauriti" e una concentrazione di messaggi elettorali indirizzati su un numero e su identità ben identificabili di cittadini. Un metodo che non sarebbe la migliore espressione di garanzia nella chiamata al voto, che dovrebbe rintracciare la sua migliore caratteristica in quell'universalità che verrebbe lesa dalle incertezze determinate dall'assenza di quel vaccino che peraltro si ostenta, giustamente, a promuovere come salvavita. Dunque, esprimendo eccezioni di incostituzionalità sull'articolo 8 del Dl 150/2020 e su ogni eventuale successivo omologo, sarebbero da ritenersi gravi gli intenti di differire il termine del voto del 14 febbraio, perché stabilita ex lege e non già da volontà che potrebbero sottintendere pericolose selezioni indirette dell'elettorato attivo. Anche perché nel caso di ogni diversa data che dovesse essere fissata, nell'ipotesi di una verosimile impugnazione della legge in via incidentale da ogni perdente, potrebbe mettere in forse la legittima formazione dell'espressione del voto intervenuto.

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