Costruttori all'attacco sullo split payment: furto di liquidità, 9 mesi per i rimborsi Iva
Ance: settore in ginocchio, altro che 74 giorni. Pronti a denunciare a Bruxelles i ritardi
Un «furto legalizzato di liquidità» da 2,5 miliardi all'anno, a fronte di un recupero dei evasione Iva da "zero virgola", mentre il settore attende ancora lo sblocco di pagamenti arretrati per oltre sei miliardi. I costruttori, messi in ginocchio prima dalla crisi pluriennale dei cantieri pubblici e poi dall'emergenza Covid-19,aprono un nuovo durissimo fronte contro la scelta del Governo di chiedere a Bruxelles la proroga di tre anni del meccanismo fiscale dello «split payment», oltre la scadenza già superata del 30 giugno.
Provando a spiegarlo in due parole, lo split payment è una formula, conosciuta anche con il nome di "scissione dei pagamenti" che consente alla Pa di non versare agli appaltatori, ma direttamente all'Erario, l'Iva fatturata a fronte dell'esecuzione di un appalto. Il sistema è studiato per ridurre l'evasione dell'imposta. Ma sta facendo franare il settore. L'effetto, infatti, è un clamoroso drenaggio di liquidità dalle casse delle imprese. Un danno che l'Ance calcola in circa 2,5 miliardi all'anno.
I costruttori che non si vedono versare l'Iva dalla Pa sono infatti costretti a riconoscerla ai fornitori. Un circuito malato che crea un mostruoso credito Iva sulle spalle delle imprese. Il "buco" nelle casse delle imprese forse sarebbe anche tollerabile se i rimborsi fossero veloci.
Nel dossier inviato a Bruxelles per chiedere la proroga del meccanismo il governo ha dichiarato una media, già non proprio da record, di 74 giorni. Purtroppo, denunciano le imprese, la realtà ha tempi ben diversi. Che arrivano anche fino a nove mesi per ottenere il rimborso dell'Iva non ricevuta con la fattura. Di qui un durissimo attacco alle «mistificazioni alla base della scelta di prorogare lo split payment».
Per documentare la situazione reale, l'Ance ha messo a punto uno studio, un "contro-rapporto" che ora sarà inviato al Governo e anche alla Commissione europea.
I dati arrivati dalle imprese dicono che il 60% deve aspettare almeno nove mesi (dunque più di 270 giorni) per ottenere i rimborsi, mentre il 90% denuncia tempi superiori ai tre mesi. L'equivoco, per i costruttori, sta nel fatto che il Governo basa suoi calcoli tenendo conto del lasso di tempo che intercorre tra il ricevimento dell'istanza di rimborso e l'emissione del pagamento. Mentre per le imprese il calcolo corretto va fatto dall'emissione della fattura. Momento nel quale si determina il drenaggio di liquidità. Comunque, sottolineano all'Ance, anche partendo dall'istanza invece che dalla fattura, emerge che solo il 22% dei costruttori ottiene un rimborso entro tre mesi. Sul punto i costruttori citano anche i dati forniti dalla stessa Commissione europea secondo cui l'Italia (febbraio 2019) è fanalino di coda nel rimborso dei crediti Iva con una media di 63 settimane , 440 giorni, contro la media europea di 16 settimane. L'attesa dei rimborsi si prolunga peraltro in modo proporzionale all'importo del credito Iva vantato dalle imprese. Nella classe più piccola, quella con crediti Iva compresi tra 10mila e 30mila euro, il 54% dei crediti viene rimborsato in tre mesi, il 31% attende più di sei mesi, mentre solo l'8% delle imprese è costretto ad attendere più di un anno. Al contrario, nella classe che raccoglie i crediti Iva oltre 200mila euro, le attese superiori all'anno raggiungono il 28%. Sommando il dato alle classi di attese maggiori (oltre i sei mesi), si scopre che il 58% dei crediti di importo elevato viene saldato con un ritardo superiore ai sei mesi. In questo modo il danno si moltiplica: l'attesa di chi deve ricevere di più aumenta il rischio di trovarsi di fronte allo spettro dell'insolvenza.
Tutto questo accade, sottolineano le imprese, nonostante l'obbligo di fatturazione elettronica abbia di fatto cancellato la possibilità di evasione per le aziende sane, che così invece finiscono per essere più colpite di chi è abituato a prendere scorciatoie.
Di fronte a questo scenario, l'Ance chiede al Governo di tornar e sui suoi passi o quanto meno di escludere le costruzioni, settore storicamente ad alto credito Iva, dal nuovo giro di applicazione dello split payment. Un'altra possibilità sarebbe quella di aumentare il tetto attuale di compensazione trimestrale dell'Iva, fissato a un milione di euro fine a fine anno. Se le interlocuzioni che vanno avanti anche in questi giorni a livello tecnico dovessero non portare ai risultati sperati le imprese sono pronte ad azionare la leva europea, denunciando anche a Bruxelles, così come già fatto al Governo italiano, che i ritardi sui rimborsi stanno mettendo in crisi un intero settore.