Il CommentoProgettazione

Covid, città, concorsi e architettura: come affrontare nuove e vecchie sfide (cambiando il codice appalti)

Una riflessione di Alfonso Femia sul futuro post-Covid, che inizierà modificando qualche norma

di M.Fr.

Il sisma della pandemia ha dato impulso - tra le altre cose - anche a una riflessione profonda sulle città, non mettendo in dubbio il loro ruolo ma imponendo la ricerca di nuovi modelli di servizi e di mobilità per gli abitanti, a nuove modalità di fruire la città stessa. Tutti hanno titolo e diritto a dare il proprio contributo alla ricerca. Non fanno eccezione gli architetti, il cui lavoro è appunto quello di "arredare" il mondo, lasciando un segno che attraversa le generazioni, che aggiungere senso e bellezza al mondo, risponde ai bisogni, organizza le funzioni, gestisce la socialità.

In questa nuova prospettiva e di fronte a questa sfida pesano però vecchi problemi mai risolti - forse perché mai affrontati con la necessaria forza e convinzione - che attengono al riconoscimento del ruolo degli architetti nella filiera che porta a modellare il mondo, in particolare nella sfera degli affidamenti pubblici. Una lunga riflessione di Alfonso Femia, pubblicata sul nuovo Journal on line pubblicato dallo suo studio di architettura, torna alla radice di problemi mai risolti; e di fronte alle nuove sfide di una rigenerazione urbana fondata su nuovi parametri e nuovi modelli mette a fuoco alcuni interventi normativi che vanno nel senso di liberare energie e risorse intellettuali frenate da norme che frustrano i professionisti e la professione. Niente di nuovo, in fondo: architettura al centro del progetto, più spazio ai giovani architetti, sistema concorsuale unico per tutto il Paese, disincentivare il concorso di idee e incrementare il concorso a due gradi senza il vincolo dell'anonimato. Facile, no?

«La presidente dell'Unione europea ha lanciato nei giorni scorsi la fase di ideazione del progetto New European Bauhaus. L'obiettivo è quello di riflettere coralmente su come sarà possibile vivere, dopo la pandemia, attraverso l'innovazione, proteggendo il pianeta. La proposta si ispira al primo Bauhaus che ha dimostrato come l'industria e l'eccellenza nel design possano migliorare la vita quotidiana di milioni di persone.

Il nuovo Bauhaus europeo deve innescare una dinamica analoga. Deve dimostrare che ciò che è necessario può essere anche bello, che lo stile e la sostenibilità vanno di pari passo. Secondo la Von Der Leyen, intervenuta alla Festa dell'Architetto 2021 "… l'architettura gioca un ruolo determinante. (…) non c'è futuro senza architettura. (…) l'architettura può contribuire a un futuro più sostenibile, accessibile e centrato sulle persone". Se l'architettura è così fondamentale, è altrettanto importante porre l'attenzione sui processi che la governano. L'Unione Europea si è preoccupata di aggiornarli con la direttiva 24 del 2014, promuovendo la qualità architettonica e tecnico funzionale attraverso lo strumento dei concorsi di progettazione e disciplinandone l'ambito di applicazione.

Ma, proprio in Italia, nonostante sia il Paese in cui – come sottolinea la Von der Leyen – "il design e l'architettura sono fortemente radicati nella cultura nazionale", vediamo costruire, sempre più spesso, oggetti edilizi poco funzionali, senza connessione con il territorio e disarmonici rispetto al contesto...»


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