Urbanistica

Crediti 110% da 19 miliardi l'anno, Giorgetti stoppa gli sconti in F24

Nella memoria al Senato l'Istat stima il picco 2023-25 nell'utilizzo effettivo dei crediti, il peso scende a 15 miliardi nel 2026 e crolla dal 2027. Il ministro: «Molte banche hanno spazi per compensare»

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il governo è «aperto al confronto per un secondo tempo sostenibile del meccanismo della cessione del credito», ma la «stagione di bonus al 110% per tutti e di sconti o cessioni per un numero ampissimo di interventi non tornerà mai più». Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti chiude in modo netto l'epoca delle ristrutturazioni edilizie superpagate dallo Stato, e lo fa per una ragione di «numeri insostenibili per le casse dello Stato»: riassunti in «120 miliardi di minori incassi spalmati fino al 2026» che, «se qualcuno non l'ha ancora capito, sono debito maturato che lo Stato dovrà pagare». Le cifre che il titolare dei conti italiani è tornato ieri a snocciolare nel suo intervento conclusivo del convegno organizzato da Eutekne e Dottori commercialisti sui bonus edilizi non lasciano spazio nemmeno ai sogni di «autofinanziamento» vagheggiati dai tifosi del Superbonus.

Lo stesso ministero dell'Economia ha del resto fatto i conti, riassunti dal direttore del dipartimento Finanze Giovanni Spalletta: in pratica, ha spiegato, «la misura permette di recuperare il 24% in termini di maggiori entrate, cioè poco più di 16 miliardi su 67,1 miliardi di costo». In altri termini il 76% delle mancate entrate, ora contabilizzate come spesa dopo la riclassificazione concordata da Eurostat e Istat, alimenta la falla nei conti pubblici. Anche in termini di debito, come ha sottolineato Giorgetti. L'impatto sulla linea del debito/Pil, rimasta inalterata perché la riclassificazione contabile si è occupata del deficit, arriva quando i crediti d'imposta vengono effettivamente utilizzati dall'acquirente finale, che li sconta dalle proprie tasse, e questo meccanismo aumenta il fabbisogno coperto con l'emissione di titoli di Stato.

La prospettiva è stata dettagliata sempre ieri in una memoria consegnata dall'Istat alla commissione Finanze del Senato nel ciclo di audizioni sui crediti d'imposta. Secondo le stime dell'Istituto di statistica, il botto partirà proprio quest'anno, con un utilizzo reale di crediti per 19 miliardi (dopo i poco più di 6 miliardi del 2022) destinato a ripetersi nel 2024 e 2025. La curva comincerà a scendere dal 2026, quando si attesterà a 15 miliardi, per crollare a quota 2 miliardi annui solo dal 2027. Sono numeri che spiegano bene come mai il governo sia intervenuto a gamba tesa sul meccanismo, e che alimentano più di un dubbio ulteriore sull'ipotesi che la riclassificazione apra fantomatici «margini fiscali» sui prossimi anni: margini inevitabilmente destinati a trasformarsi in altro debito pubblico se non coperti in altro modo.

Sul decreto, Giorgetti non chiude la porta a correttivi ma tiene a sottolineare che il governo è «freddo» sull'idea di consentire alle banche le compensazioni tramite gli F24 dei propri clienti. Il punto è che i calcoli delle Entrate, che «non sono stime ma dati consuntivi incontrovertibili», dicono che «molte banche e assicurazioni sono lontane dal rischiare di non avere spazio» per compensare i crediti con gli F24 propri. Banche invitate alla «tranquillità» anche dal direttore dell'Agenzia Ernesto Maria Ruffini perché le norme ormai offrono «un filtro molto rilevante» contro le frodi per cui le compensazioni non dovrebbero riservare sorprese.

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