Dai contratti-fotocopia la condanna per il Recovery
I contratti-fotocopia bloccano sul nascere il decollo del Recovery
Le Pa hanno vissuto per decenni una fase di abbandono e di sottovalutazione del loro ruolo. Si è passati dalle stagioni in cui venivano utilizzate come serbatoio elettorale o contenitore assunzionale a quella in cui sono state considerate un costo improduttivo o un indesiderabile orpello che impediva il libero dispiegarsi del mercato.
L’attuazione del Pnrr è l’occasione per fare giustizia su questi luoghi comuni e per ridare alla Pa il ruolo che la Costituzione le assegna.
Tuttavia le azioni scritte nel Piano sono contraddittorie: le risorse previste a tal fine appaiono insufficienti, mentre l’approccio, al solito emergenziale, manca di una visione sistematica capace di riaffermare come la Pa rappresenti il pilastro per il buon funzionamento del nostro Stato e della nostra democrazia.
La sfida è di rimettere al centro dell'agenda del Paese, per almeno un decennio, tutte quelle iniziative strutturali necessarie a operare con più efficacia ed equità nei settori decisivi per lo sviluppo del Paese (giustizia, educazione, istruzione, ricerca, sanità e assistenza, sicurezza, equità fiscale, politiche del lavoro e contrasto al sommerso, imprenditorialità, turismo e professioni), rilanciando una vera politica assunzionale, mirata alle professionalità che servono, ma non precarizzata.
In quest’ambito assume notevole importanza il rinnovo dei contratti nazionali. Le riforme, per essere efficaci, vanno accompagnate da un sistema di partecipazione diffusa, che coinvolga tutti gli attori: dal personale ai cittadini, alle imprese. Il vero punto di svolta è passare dall’inaccettabile logica dei fannulloni, che ha permeato le azioni della cattiva politica di questi decenni, al pieno riconoscimento del ruolo e del valore del lavoro pubblico che, come recita la Costituzione, è garanzia dell’esercizio corretto delle funzioni statuali.
Bisogna dunque riscrivere l’ordinamento professionale, che risale a più di venti anni fa. Da allora è infatti cambiato il modo di lavorare; la digitalizzazione, faticosamente, si è fatta largo modificando i processi lavorativi e le modalità di rapportarsi con cittadini e imprese, mentre il blocco reiterato della contrattazione e le incursioni legislative degli ultimi anni hanno negato ogni vera prospettiva di carriera. Vanno riviste le attuali aree di inquadramento, superando quella iniziale (incoerente con gli attuali processi lavorativi), va ridata centralità all’area dei funzionari e serve l'area delle alte professionalità. Nelle nostre amministrazioni esiste da tempo, di fatto, un middle management.
Purtroppo la stagione dei rinnovi contrattuali, aperta con il negoziato delle Funzioni centrali, non sembra andare in questa direzione. I primi atti di indirizzo emanati dal Governo e dai Comitati di settore all'Aran (Funzioni Centrali e di fatto Sanità, mentre mancano ancora Funzioni locali e Scuola) appaiono sottovalutare il ruolo dei contratti nei processi di innovazione delle Pa, riproponendo vincoli non solo economici, ma anche normativi e ordinamentali. Tutta la partita della partecipazione, dell’innovazione organizzativa, delle nuove modalità lavorative, del lavoro agile sono assenti, o trattate in modo generico.
Insomma, c’è forte il rischio di contratti fotocopia rispetto al passato; ma non ci sono alternative. Se il Governo e la politica tutta non comprendono l’importanza del rinnovo dei contratti e della valorizzazione del personale il gap con le economie più strutturate non verrà colmato, e la sfida di una Pa all’altezza dei compiti che le chiede il Pnrr resterà una scommessa persa.
(*) Segretario Generale FLP
La legge Calderoli e l’eterno ritorno del residuo fiscale
di Floriana Cerniglia (*)