Il CommentoFisco e contabilità

Dalla surroga statale una via d'uscita dal caos del fondo liquidità

di Gianluigi Marotta (*) e Enzo Cuzzola (**)

La sentenza n. 80 della Corte Costituzionale del 29 aprile 2021 , di portata generale, nasce da una vicenda particolare che ha visto coinvolto il Comune di Lecce e la Sezione di controllo della Corte dei conti della Puglia. Da una lettura attenta, letterale e sistematica del comma 3 dell'articolo 39-ter del Dl 162/2019, aggiunto in sede di conversione, effettivamente la norma si presta a una possibile applicazione distorta ed estranea al rispetto dei principi di buona tenuta della contabilità pubblica. Infatti il Comune di Lecce ha inteso, norme alla mano, ammortizzare l'anticipazione di liquidità ottenuta iscrivendo nel proprio bilancio il Fal in entrata quale applicazione dell'avanzo e in uscita, distintamente, la quota restante del Fal stesso e la quota capitale del Fal da rimborsare imputabile all'anno di esercizio. In altre parole non solo è riuscito a sterilizzare il Fondo nel bilancio, che è poi la finalità della norma, ma interpretandola letteralmente, ha utilizzato l'iscrizione del Fal anche per rimborsare la rata di quota capitale che avrebbe invece dovuto restituire con fondi propri.

Giocoforza la Corte costituzionale, con la sentenza in commento, ha dovuto pronunciare l'incostituzionalità della citata norma, che effettivamente potrebbe essere applicata in modo distorsivo per come è scritta. Tuttavia la Corte non si è limitata a richiamare la violazione dell'articolo 81 e dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, per contrasto con il divieto di destinare le somme derivanti da prestiti a spese diverse da quelle di investimento, ma ha invocato anche la violazione dell'articolo 97, primo comma, della Costituzione con gli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell'esercizio del mandato elettivo, il quale ultimo postula che ciascun amministratore risponda del proprio operato di fronte agli amministrati.

Dice infatti il giudice delle leggi che la norma censurata è stata introdotta per dare attuazione alla sentenza n. 4 del 2020, la quale, in realtà, non abbisognava di alcun intervento attuativo. In tal modo è possibile ricalcolare il risultato di amministrazione secondo i canoni di legge e, in particolare, per i deficit ulteriormente maturati, in conformità al principio tempus regit actum, facendo applicazione delle norme vigenti nel corso dell'esercizio in cui tale ulteriore deficit è maturato. L'incremento del deficit strutturale e dell'indebitamento per la spesa corrente ha già indotto a formulare chiari ammonimenti circa «la problematicità di soluzioni normative […] le quali prescrivono il riassorbimento dei disavanzi in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equità intergenerazionale» (sentenza n. 18 del 2019).

Fin qui il richiamo del giudice delle leggi. Ecco che allora si pongono problemi di difficile soluzione a chi dovrebbe intervenire per evitare che centinaia, se non migliaia, di enti locali italiani vadano irreparabilmente in dissesto per un cambio di regole contabili avvenuto in corso d'opera. La soluzione, certo da ampliare e dibattere, che proponiamo al momento, si potrebbe concretizzare in un intervento dello Stato diretto a rilevare i mutui all'epoca concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai Comuni per anticipazione di liquidità. In questo caso si dovrebbe superare eccezionalmente la Golden Rule, in base alla quale l'indebitamento pubblico è ammesso solo per le spese in conto capitale destinate allo sviluppo delle infrastrutture e agli investimenti. Ma a ben guardare si tratterebbe di una surroga nel mutuo, le cui quote capitali dovrebbero comunque essere restituite dagli enti locali beneficiari. In pratica lo Stato si accollerebbe la restante parte delle quote dei mutui ex Dl 35/2013; in tal modo, non essendo più giuridicamente a carico dei Comuni, lo cancellerebbero dai Bilanci e quindi risolvendo i problemi di iscrizione di Fondi, sterilizzazione eccetera. A carico dei Comuni resterebbe tuttavia l'onere della restituzione delle quote capitali (e degli interessi). Per cui, anche nel bilancio dello Stato, non si potrebbe parlare di finanziamento a fondo perduto, ma di prestito oneroso a lungo termine. La partita contabile per lo Stato sarebbe neutra (in modo che si avrebbe anche la possibilità di cartolarizzare il mutuo).

Qualsiasi sarà la decisione che il legislatore deciderà di intraprendere, ci auguriamo che arrivi presto in modo da risolvere subito questo ennesimo enorme macigno che rischia di seppellire i bilanci dei Comuni e con essi le cittadine e i cittadini amministrati, che oggi più che mai hanno bisogno di interventi rapidi e di assistenza.

(*) Dirigente Bilancio comune di Avellino

(**) Assessore Bilancio comune di Avellino