Personale

Posizioni organizzative, incognita modalità applicative sull'invarianza di risorse assicurata dal Decreto assunzioni

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di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

Con il Dpcm 17 marzo 2020, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 27 aprile 2020, è pienamente operativo per i Comuni, con decorrenza dal 20 aprile 2020, il nuovo meccanismo di calcolo di adeguamento del limite al trattamento economico accessorio previsto dall’articolo 23, comma 2, Dlgs 75/2017. Il nuovo meccanismo riguarda, come si è già avuto modo di rappresentare in precedenti interventi su queste pagine, l’armonizzazione del fondo risorse decentrate rispetto alle ulteriori assunzioni di personale disciplinate dal decreto stesso, con l’inevitabile esigenza di attivare meccanismi dinamici di governo dei flussi di alimentazione. Nell’ambito del trattamento accessorio complessivo - nel cui alveo rientrano, ai fini dell’osservanza del limite complessivo di cui al citato art. 23, DLgs 75/2017, anche il fondo per il personale dirigenziale, le risorse destinate al lavoro straordinario, la maggiorazione della retribuzione di posizione del segretario comunale - una particolare attenzione va posta alle risorse destinate al finanziamento del salario accessorio delle posizioni organizzative. Il tutto prende le mosse dall’art. 33, comma 2, Dl 34 del 30.4.2019, il quale dispone, al riguardo, che il limite al trattamento accessorio del personale previsto dal ridetto art. 23, comma 2, Dlgs 75/2017, debba essere adeguato per garantire l'invarianza del valore, riferito all'anno 2018, delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento, come base di calcolo, il personale in servizio al 31 dicembre 2018. La disciplina di cui sopra, sul tema specifico, appare assai scarna, così come inesistenti sono le indicazioni attuative desumibili dal Dpcm applicativo e dalla successiva circolare di orientamento dei Dipartimento della funzione pubblica. Dalla piana lettura della disposizione si evince che, anche per le risorse destinate alle posizioni organizzative, l’anno di riferimento è il 2018 e le risorse da considerare sono quelle stanziate, nel relativo bilancio previsionale, per tale finalità, indipendentemente dal loro effettivo utilizzo che è, viceversa, correlato al conferimento degli incarichi di titolarità a fronte delle posizioni organizzative istituite e finanziate con oneri a carico del bilancio. Al fine di garantire l’invarianza delle risorse a ciò destinate, relativamente alle posizioni cui si riferiscono, occorre considerare l’eventuale istituzione di nuove posizioni organizzative conseguenti, per esempio, ad un riassetto organizzativo. In questo caso le norme in esame non aiutano gli operatori al calcolo delle variazioni possibili, in quanto il finanziamento di nuove posizioni organizzative istituite deve essere reperito nell’ambito delle risorse già stanziate, ovvero con spostamenti di risorse dal fondo risorse decentrate, pur sempre nella salvaguardia del limite complessivo del trattamento economico accessorio prescritto dal più volte citato art. 23, comma 2.
Occorre considerare, altresì, a tal riguardo, che deve essere, comunque, rispettato il limite ordinamentale imposto alle spese di personale, così come previsto dal tutt’ora vigente art. 1, commi 557-quater e 562, Legge 296/2006 (media del triennio 2011-2013 o spesa 2008, a seconda delle dimensioni dei comuni interessati). Infatti, mentre l’incremento di spesa del personale conseguente alle nuove assunzioni in attuazione del Dpcm 17.3.2020, consentita agli enti virtuosi (comuni il cui rapporto tra le spese di personale e le entrate correnti, secondo la definizione introdotta dal citato Dpcm attuativo, si collochi al di sotto delle soglie previste dal medesimo decreto), si pone al di fuori dei limiti ordinamentali di cui sopra (cfr. art. 7, comma 1), l’eventuale incremento delle risorse destinate al trattamento economico accessorio delle posizioni organizzative non trova alcuna analoga deroga, di talché non può che rientrare nel computo di detto limite. Altra questione, di non poco respiro, è l’ipotesi di riduzione del numero delle posizioni organizzative istituite e finanziate nell’anno di riferimento (2018), situazione che potrebbe generare una minore esigenza di risorse destinate a tale finalità e, quindi, giustificarsi esclusivamente come conseguenza della riduzione delle posizioni potenzialmente conferibili, determinando, tale circostanza, una ridotta esigenza di risorse finanziarie. In questi casi la riduzione delle risorse a ciò destinate sembra, in ogni caso, trovare un limite di garanzia, come avviene per il personale, nell’invarianza della destinazione di risorse economiche rispetto al 2018, in relazione, quindi, alle posizioni istituite e finanziate a bilancio alla data del 31.12.2018. Sul tema dell’invarianza delle risorse destinate alle posizioni organizzative, quale principio di adeguamento delle relative destinazioni a fronte dell’incremento di personale da assumere indicato dalla norma legislativa, nel silenzio del legislatore ed in assenza di qualsiasi indicazione operativa, il calcolo potrebbe essere effettuato secondo due metodi, fermo restando il limite ordinamentale ancora oggi posto alle spese di personale, come sopra indicato:
1) un primo metodo prevede di determinare, comunque, un valore medio pro-capite di tali risorse da mantenere invariato nel tempo, sulla base degli atti di macro-organizzazione o di micro-organizzazione (enti con dirigenza) adottati dall’amministrazione al 31.12.2018, ovvero fondando il calcolo sulla scorta delle posizioni organizzative formalmente costituite e finanziate alla data del 31.12.2018, applicando, quindi, un rapporto che vede, al numeratore, il valore di destinazione economica operata nel 2018 per il finanziamento delle posizioni organizzative ed, al denominatore, il numero di posizioni organizzative formalmente istituite e finanziate dall’ente al 31.12.2018, a prescindere, pertanto, dal numero degli effettivi titolari del relativo incarico e dal concreto affidamento dello stesso (si tratta, in altri termini, dell’applicazione di un principio correlato all’effettivo fabbisogno di posizioni organizzative e non anche alla effettiva “copertura” delle stesse);
2) un secondo metodo prevede, invece, di determinare la quota del valore medio pro-capite assumendo, quale numeratore, il valore di destinazione delle risorse economiche per il finanziamento del salario accessorio delle posizioni organizzative nell’anno di riferimento (2018) ed, al denominatore, il numero di personale ascritto alla categoria D (o alla categoria C negli enti privi di personale di categoria D), quale personale potenzialmente interessato dal conferimento del relativo incarico.
Il primo dei metodi indicati, tuttavia, appare quello più in linea con la finalità della disposizione, in quanto tiene in debita considerazione l’effettivo fabbisogno, sia organizzativo che funzionale, dell’amministrazione, correlato alla necessità di costituire determinate posizioni organizzative per il migliore funzionamento dell’ente in ragione dei servizi da assicurare, indipendentemente dal conferimento del corrispondente incarico di titolarità delle stesse, che, alla data del 31.12.2018, ben potrebbe difettare per le più svariate combinazioni (cessazione del titolare, selezione per la titolarità in corso, etc.); in ogni caso le variazioni nel corso degli anni alla grandezza riportata al denominatore del rapporto implica la necessità di variare le risorse complessivamente destinate al trattamento accessorio delle posizioni organizzative, proprio per mantenere inalterato il valore pro capite risultante in base ai dati 2018. E’ da ritenere, tuttavia - alla luce della specifica ratio normativa la quale, all’evidenza, intende scongiurare rischi di elusione applicativa - che l’integrazione di tali risorse non possa essere legittimata dalla mera esigenza o dalla schietta opportunità di fruire di una maggiore entità di risorse da destinare all’incremento dei trattamento accessorio delle posizioni organizzative già costituite o finalizzata ad accrescere il numero di posizioni organizzative già presenti alla data del 31.12.2018, ciò che, infatti, costituirebbe un ampio sdoganamento di aumenti delle destinazioni economiche al di fuori del perimetro finalistico della norma. Una coerente e legittima applicazione, infatti, si può agevolmente trarre dalla natura stessa del provvedimento legislativo che l’ha introdotta, ovvero un contesto normativo che disciplina gli effetti conseguenti alle assunzioni di personale dipendente alla luce di nuove e diverse regole applicative, di talché è ragionevole pensare che l’integrazione delle destinazioni economiche di cui si discute sia intimamente connesso con il nuovo regime assunzionale, eppertanto sia ammissibile esclusivamente nelle ipotesi di necessità assuntiva di ulteriori unità di personale cui affidare la titolarità di diversi ed ulteriori incarichi di posizione organizzativa ed, in tal caso, in particolare di personale ascritto alla categoria D (o alla categoria C negli enti privi di personale di categoria D), quale personale concretamente e direttamente coinvolto nel conferimento del relativo incarico o, comunque, interessato all’affidamento di incarichi per la copertura di posizioni organizzative di nuova istituzione.

L’incremento delle risorse destinate al trattamento accessorio delle posizioni organizzative
Le novità normative appena descritte, tuttavia, hanno lasciato intonse le vigenti norme contrattuali, le quali, al momento, offrono fondamentalmente due possibilità di variazione delle risorse destinate a remunerare le retribuzioni di posizione e di risultato dei titolari di posizione organizzativa. Una prima possibilità consiste nell’incrementare le risorse destinate alle posizioni organizzative con la contestuale riduzione del fondo risorse decentrate, cioè delle risorse destinate al trattamento accessorio di tutto il personale dipendente (essenzialmente: indennità varie e regimi di premialità o produttività) del personale non titolare di posizione organizzativa. Tale operazione, tuttavia, costituisce apposita materia oggetto di contrattazione integrativa (art. 7, comma 4, lettera u), del Ccnl funzioni locali 21.5.2018), per cui solo previo accordo è possibile pervenire a tale incremento, fermo restando che occorra valutare compiutamente gli effetti che tale spostamento di risorse è in grado di determinare sull’applicazione degli istituti economici attinenti al personale e sull’effettive esigenze legate a tali istituti. Questo percorso d’incremento, infatti, deve necessariamente produrre una corrispondente riduzione del fondo risorse decentrate, al fine di consentire l’osservanza dei limiti previsti dal ridetto art. 23, comma 2, DLgs 75/2017 e, quindi, la valutazione degli effetti originati dalla traslazione di risorse, in disparte l’obbligo di contrattazione integrativa, va vista con riferimento alla residua disponibilità di risorse per remunerare gli altri istituti del salario accessorio, la cui riduzione potrebbe compromettere la corretta funzionalità di alcuni servizi per i quali determinati istituti accessori appaiono di vitale rilevanza: turnazione, reperibilità, indennità di condizioni di lavoro, finalizzate a remunerare le attività disagiate o esposte a rischi per la salute o implicanti il maneggio di valori. È pur vero, tuttavia, che l’amministrazione potrebbe, successivamente, ridurre le risorse destinate alle posizioni organizzative consentendo, in tal modo, di ripristinare l’entità del fondo risorse decentrate al valore precedente; in questo caso, peraltro, secondo l’orientamento Aran CFL38 dell’8.11.2018, non è strettamente necessario il ricorso al previo confronto sindacale previsto, in generale, per le ipotesi di riduzione delle risorse destinate alle posizioni organizzative dall’art. 5, comma 3, lettera g), del Ccnl 21.5.2018. Il confronto sindacale, infatti, che rappresenta la modalità relazionale con la quale le parti esprimono le proprie valutazioni e partecipano costruttivamente alle misure che si intendono adottare, risulta, per contro, necessario qualora l’amministrazione intenda produrre una riduzione di tali risorse oltre il valore complessivo a tal fine destinato dagli stanziamenti di bilancio 2018. In questo caso, decorsi i prescritti trenta giorni dall’avvio del confronto, che deve essere richiesto entro cinque giorni dall’informazione preventiva, le parti predispongono una sintesi dei lavori e delle posizioni emerse e l’amministrazione riassume integralmente la propria autonomia decisionale, valutando quanto emerso dal confronto, ma senza che, in quella sede, debba raggiungersi un accordo. Il nuovo limite introdotto dall’art. 33, Dl 34/2019 non modifica la logica di funzionamento del travaso di risorse, perché il nuovo limite conseguente all’aumento o alla diminuzione del personale, rispetto al 31.12.2018, è finalizzato a mantenere invariato il valore medio pro-capite, riferito al 2018, delle risorse accessorie, ma implica, comunque, che, qualora si opti per la riduzione o per l’aumento delle risorse destinate alle posizioni organizzative, tale misura determini, in ogni caso, una ridefinizione del valore pro-capite del fondo, che deve tenere conto, appunto, delle variazioni intervenute sulla base delle previsioni contrattuali.

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