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Delibere comunali, legittimo escludere gli astenuti dal conteggio dei votanti

Con l'astensione non si esprime né approvazione né disapprovazione rispetto alla proposta

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di Amedeo Di Filippo

È legittima la previsione del regolamento del consiglio comunale che esclude gli astenuti dal calcolo del quorum funzionale, atteso che l'astenuto non esprime né approvazione né disapprovazione rispetto alla proposta in votazione. Lo ha affermato il Tar Lombardia con la sentenza n. 680/2020, secondo cui non esiste alcun principio di matrice costituzionale dal quale possa ricavarsi il corretto metodo di computo degli astenuti da parte di organi collegiali deliberanti.

Il fatto
Alcuni consiglieri comunali hanno lamentato il fatto che la propria mozione è risultata non avere ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli in quanto, a fronte dei 17 consiglieri presenti, 7 hanno espresso voto favorevole e 10 si sono astenuti. I consiglieri hanno dedotto l'illegittimità del verbale, sottolineando che in base alle norme regolamentari gli astenuti non dovevano essere computati ai fini della determinazione del quorum deliberativo e che la mozione doveva ritenersi approvata dalla maggioranza dei votanti. La tesi opposta è stata sostenuta dall'amministrazione comunale, secondo cui, in relazione al quorum strutturale, vanno esclusi dal computo dei presenti i consiglieri tenuti per legge ad astenersi e solo questi vanno espunti dalla base di calcolo del quorum funzionale, dovendo diversamente considerare l'astensione volontaria come voto.

La potestà regolamentare
Il Tar Lombardia ha dato ragione ai ricorrenti, perché la disposizione regolamentare prevede che, ai fini della validità delle deliberazioni, non debbano computarsi coloro che si astengono, coloro che escono dalla sala prima della votazione e le schede bianche e quelle nulle. Da ciò consegue che gli astenuti non si computano per determinare la maggioranza dei votanti. Secondo i giudici, questa disciplina risulta legittimamente assunta nell'esercizio dell'autonomia regolamentare prevista dall'articolo 38, comma 2, del Tuel, che pone un unico vincolo al quorum strutturale, relativo al numero minimo di consiglieri necessario per la validità delle sedute.
Pertanto, nell'esercizio della sua autonomia regolamentare il consiglio comunale ha attribuito espressamente un significato all'astensione dei componenti dell'organo, significato che peraltro non contrasta con i principi generali in quanto l'astenuto non esprime né approvazione né disapprovazione rispetto alla proposta in votazione, per cui la scelta di escluderlo dalla base di calcolo del quorum deliberativo mira ad assicurare all'astensione un valore diverso rispetto all'espressione del voto contrario, cui altrimenti sarebbe assimilata negli effetti. Di conseguenza con 17 consiglieri presenti, 10 astenuti e 7 favorevoli la proposta doveva intendersi approvata.

Gli astenuti
I giudici lombardi riportano alla memoria la consolidata giurisprudenza secondo cui la sussistenza di una disciplina che equipari i presenti astenutisi agli assenti non deve sorprendere poiché questa è, ad esempio, la soluzione utilizzata dal regolamento della Camera dei deputati, che considera presenti solo coloro che esprimono voto favorevole o contrario. Formula giudicata dalla Corte costituzionale compatibile con la previsione della «maggioranza dei presenti» di cui all'articolo 64 della Costituzione, atteso che dichiarare di astenersi ed assentarsi sono manifestazioni di volontà che si differenziano solo formalmente ma che poi si accomunano grazie all'univocità del risultato cui entrambe mirano con piena consapevolezza, che è quello di non concorrere all'adozione dell'atto collegiale.

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