Urbanistica

Dissesto idrogeologico, tempi di esproprio dimezzati

Dl in arrivo: termini ridotti per Via e conferenza di servizi. Lavori prioritari, no autorizzazione paesistica

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di Giorgio Santilli

Ancora commissari, con poteri più ampi di deroga al codice appalti e alle leggi ordinarie, con soggetti attuatori, con strutture tecniche rafforzate, con la possibilità di trasferire a province o Aurorità di distretto gli interventi dei comuni in caso di inerzia. Tempi dimezzati per le procedure di esproprio e accelerazioni per le altre procedure amministrative e contabili, a partire dal termine di trenta giorni per le decisioni della conferenza di servizi. Valutazione di impatto ambientale (Via) ultrarapida ed esenzione dall'autorizzazione paesaggistica per un elenco di opere prioritarie. Esenzioni per gli interventi minori degli studi di compatibilità idraulica o geologica o geotecnica (sostituito da una dichiarazione asseverata dei professionisti incaricati). Rafforzamento delle strutture tecniche con assunzione di tecnici specializzati a valere sul 2% dei fondi destinati alle singole regioni. Sostituzione degli accordi di programma con le regioni con un decreto ministeriale qualora gli interventi siano previsti dal Recovery Plan (o Piano nazionale di ripresa e resilienza - Pnrr), con l'obiettivo di comprimere i tempi di approvazione della programmazione e di trasferimento dei fondi.

È pronta la prima bozza del decreto legge con cui il ministero dell'Ambiente intende rivoluzionare e semplificare il quadro normativo relativo agli interventi per la difesa del suolo dal dissesto idrogeologico. Al decreto legge, annunciato dal ministro Sergio Costa ancora il 3 novembre, sta lavorando il sottosegretario con la delega al dissesto, Roberto Morassut, anche attraverso il confronto aperto con le regioni, i comuni , le province (che tornano ad avere un ruolo più forte), le autorità di distretto, cioè i soggetti chiamati ad attuare gli interventi. L'obiettivo del decreto è dare una prima risposta a problemi che si sono andati aggrovigliando da oltre dieci anni, evidenziati di recente da una relazione di Invitalia per lo stesso ministero in cui si ricorda che i commissari-presidenti di regione hanno speso soltanto il 26% dei 5,8 miliardi programmati dal 2010 a oggi (si veda Il Sole 24 Ore del 10 ottobre). La risposta del decreto viene definita in alcuni passaggi della bozza «sperimentale» fino al 2026 e agganciata direttamente all'attuazione del Recovery Plan.

Vi saranno, nel decreto, strumenti di accelerazione che saranno applicati al Pnrr e riservati a quegli interventi, mentre il decreto legge punta a una più generale «sistematizzazione» del quadro normativo con soppressioni, abrogazioni, con una pulizia dell'attuale legislazione e un intervento anche sul testo unico ambientale (decreto legislativo 152/2006). Uno dei problemi aperti - indicato dallo stesso Morassut - è che i commissari-presidenti di Regione hanno mostrato una capacità di spesa molto variabile da situazione a situazione, anche per il fatto che alcuni usano i poteri commissariali, altri no, alcuni delegano gli enti locali, altri no. E spesso alla base della lentezza e del blocco vi sono le stesse procedure amministrative e contabili su cui ora si decide di intervenire.Mentre il decreto legge prende forma si gioca, per altro, l'altra partita, quella per il finanziamento degli interventi attraverso l'inserimento dei porgetti nel Recovery Plan.

Inizialmente il ministero aveva candidato ai finanziamenti europei una larga quota (circa il 50%) dell'intero piano di interventi, circa 10mila progetti per un investimento complessivo di 20-25 miliardi, tutti registrati nel Rendis, la banca dati che segnala anche lo stato di attuazione. Proprio facendo ricorso a queste informazioni, il ministero ha estratto poi progetti per circa 8 miliardi che potrebbero essere impegnati entro il 2023 e completati entro il 2026, come prevedono le regole europee del Recovery. Nelle attuali ipotesi di piano che si stanno valutando fra Palazzo Chigi, ministero dell'Economia e dipartimento degli Affari europei, al dissesto idrogeologico - riconoscoiuti effettivamente come una priorità del governo - dovrebbero andare non più di 4 miliardi. La partita, però, è tutt'altro che chiusa.

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