Urbanistica

Distanze, i dehors non sono nuove costruzioni e non sono tenuti a rispettarle

Il Consiglio di Stato ricostuisce norme di riferimento e qualificazione urbanistica delle attrezzature speciali a servizio delle attività commerciali

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di Ivana Consolo

La sentenza numero 304 emessa dal Consiglio di Stato lo scorso 10 gennaio, rappresenta un provvedimento di grande interesse per tutte quelle medie e piccole attività commerciali che sono solite corredare i propri locali di strutture esterne non particolarmente impegnative dal punto di vista urbanistico, ma aventi finalità di accoglienza e riparo per gli avventori.
Con la pronunzia che andremo a commentare, si fornisce ulteriore conferma di quanto consolidato in prassi e giurisprudenza: i cosiddetti dehors, non sono qualificabili come nuove costruzioni, e possono perciò sottrarsi ai vincoli stringenti cui invece soggiacciono i manufatti qualificabili in tal senso.

Il fatto
La vicenda che fa da sfondo alla pronunzia in esame, vede contrapporsi i privati proprietari di tre appartamenti posti al primo piano di un fabbricato, il Comune ove gli stessi sono residenti, nonché i proprietari (in qualità di controinteressati) di un bar posto al pianterreno dell'edificio, esattamente sotto gli appartamenti dei ricorrenti. Il Comune aveva rilasciato, ai titolari del bar, apposita autorizzazione per la realizzazione di una struttura ombreggiante, comunemente denominata gazebo o dehors. Più precisamente, trattavasi di una struttura a forma di parallelepipedo realizzata in profilati di metallo, dotata di una copertura di tela impermeabile, e di pareti laterali costituite da teli di plastica trasparente, ed era posizionata ad una distanza variabile da 1,77 a 2.01 metri dall'edificio.

I proprietari delle unità abitative, ritenevano che il manufatto fosse stato realizzato senza l'osservanza delle distanze legali e si determinavano ad adire il Tar per chiedere che il dehors venisse rimosso o comunque collocato alla giusta distanza. Investito della vicenda, il Tar respingeva il ricorso, ritenendo che il permesso di costruire rilasciato dal Comune (e non impugnato dai ricorrenti) fosse stato motivato in modo congruo ed in osservanza del vigente piano locale di arredo urbano, e la struttura assentita non fosse una costruzione vera e propria (che come tale sarebbe soggetta al regime delle distanze legali), ma piuttosto un'attrezzatura speciale con funzione servente dell'attività commerciale, ed in quanto tale non soggetta alla verifica dei distanziamenti necessari dal confine e dalle altre costruzioni. Di qui il ricorso al Consiglio di Stato.

Palazzo Spada: la qualificazione urnaistica dei dehors
Le osservazioni dei giudici amministrativi sono essenzialmente di due ordini.In primo luogo, la struttura per cui è causa non va qualificata come costruzione vera e propria in senso giuridico, ma costituisce (così come già affermato correttamente dal giudice di primo grado) un'attrezzatura speciale posta al servizio di un'attività commerciale, nello specifico del bar dei controinteressati. Il fondamento normativo di tale assunto, è ravvisabile nel combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) del comma 1 dell'articolo 3 del Tu n. 380/01.

Il punto (e.5) include tra le nuove costruzioni gli ambienti di lavoro, specificando che gli stessi possono essere costituiti anche da prefabbricati o strutture di qualsiasi genere. Il punto (e.6) stabilisce che ricade nella potestà regolatoria dei Comuni l'individuazione delle pertinenze ai fini urbanistici sottratte alla disciplina delle nuove costruzioni, con il limite che esse non debbano superare il 20% del volume dell'edificio principale.

È quindi possibile realizzare un dehors senza rispettare le distanze previste dal Dm n. 1444/1968, limitandosi all'osservanza di quanto disposto dalla normativa vigente a livello locale. Nel caso di specie, in corso di giudizio era emerso che le distanze previste dal piano locale dell'arredo urbano non fossero state violate, pertanto il permesso per la realizzazione del dehors era stato legittimamente rilasciato.La seconda osservazione mossa ai ricorrenti dai giudici del Consiglio di Stato, si fonda su giurisprudenza costante in ossequio alla quale, se si è in presenza di una costruzione realizzata sul suolo pubblico, non vi è assoggettabilità alla normativa del '68. Ciò significa che, per realizzare un dehors su suolo pubblico, serve semplicemente il rilascio dell'autorizzazione ad occupare lo stesso suolo pubblico, autorizzazione che nel caso di specie era pacificamente presente. Alla luce delle considerazioni svolte, il Consiglio di Stato dà legittimazione piena all'operato dei titolari del bar.

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