Urbanistica

Distanze tra fabbricati, inutili gli accordi tra privati in deroga alle norme locali e nazionali

Il Tar Liguria ricorda che si tratta di misure a carattere «assoluto e inderogabile»

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di Ivana Consolo

Il proliferare di procedimenti giudiziari aventi ad oggetto il tema delle distanze legali fra edifici e confini, lascia chiaramente intendere come non vi sia, nei consociati, una grande consapevolezza sulla finalità molto importante sottesa alla disciplina del distanziamento.
Ecco perché, ogni provvedimento che va ad argomentare circa la necessità dell'osservanza della normativa vigente in materia (in ambito locale e nazionale), non può che giungere quanto mai opportuno.
La sentenza che andremo ad esaminare (n. 65 del 4 gennaio 2023) è stata emessa dal Tar Liguria, e ci chiarisce notevolmente le idee circa il valore che possono avere eventuali accordi privati in caso di inosservanza delle distanze legali.

I fatti
Il Comune di Albenga aveva rigettato la richiesta di permesso di costruire in sanatoria avanzata dai proprietari di un immobile interessato dalla realizzazione di un porticato pertinenziale. Avverso tale diniego, i privati decidono di spiegare un ricorso al TAR contestando:

–difetto di motivazione; in quanto l'atto amministrativo faceva soltanto un generico riferimento al mancato rispetto della distanza minima di metri 5 dai confini, senza precisare nulla di più;

–violazione della normativa del piano regolatore generale; in quanto tale strumento urbanistico locale non prevedeva distanze minime dai confini;

–possibilità di far valere un accordo privato in deroga; ad avviso dei ricorrenti il Comune aveva il dovere di richiedere loro di acquisire il consenso del confinante al mantenimento dell'opera nell'attuale posizione.Vediamo come l'autorità giudiziaria adita dirime la controversia.

Le argomentazioni del Tar
Partendo dalla disciplina locale, i giudici hanno ricavato che, la distanza dei fabbricati dai confini, non può essere mai inferiore a metri 5,00. Tale precetto, va ad integrare le disposizioni stabilite dal nostro codice civile, nonché dall'articolo 9 del Dm numero 1444/68; anche la normativa nazionale, difatti, stabilisce che i fabbricati debbano possedere una determinata distanza dal confine. in modo da regolare i rapporti di vicinato evitando che tra edifici limitrofi possano crearsi intercapedini nocive e poco igieniche; ma anche e soprattutto per soddisfare esigenze più generali, quali ad esempio la garanzia di un assetto urbanistico ordinato e razionale di una certa zona, assicurando comunque uno spazio libero tra le costruzioni.

In virtù di questi scopi, la giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato che: «le convenzioni tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni regolamentari (urbanistiche) in materia di distanze, sono invalide. Le norme contenute nei regolamenti comunali, che prevedono distanze delle costruzioni dal confine, rivestono carattere assoluto ed inderogabile». Conseguenza? Il ricorso viene rigettato e il Tar ricorda che non è possibile che un accordo tra privati possa sanare l'irregolarità, aggiungendo che l'assenza di motivazione del provvedimento di diniego non potrà mai inficiare la validità di atti vincolati.

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